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Snowpiercer

Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film

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La recensione su Snowpiercer

di pazuzu
10 stelle

Nel 2014, un esperimento finalizzato a contrastare il riscaldamento del globo produsse come effetto collaterale nientemeno che una nuova glaciazione, sotto la quale l'umanità fu seppellita. Non tutta però: un limitato numero di fortunati fu imbarcato per tempo sullo Snowpiercer, un treno perfettamente blindato all'esterno e fornito di un motore in grado di generare un moto perpetuo e compiere ogni anno un giro completo per il mondo senza fermarsi mai.
Nel 2031, diciassette anni dopo l'apocalisse, questo razzo è ancora lanciato a tutta velocità sul suo circuito fatto di rotaie ghiacciate, e quel che resta del genere umano è stipato, ora come allora, in tanti vagoni quanti sono i ceti sociali, disposti secondo un ordine basato sul privilegio: nella locomitiva, inaccessibile ai più, c'è Wilford, inventore e capo incontrastato dell'intero (eco)sistema, seguito da nobili di diversi gradi in quelli immediatamente successivi e via discendendo fino alla coda, dove i più poveri tra i poveri sopravvivono ammassati subendo prepotenze e covando propositi di rivolta. Fino a quando il loro leader Curtis, consigliato dal proprio anziano mentore Gilliam, decide che è giunto il momento di passare al contrattacco, e provare a risalire il treno dal fondo alla cima per arrivare ad affrontare Wilford faccia a faccia e porre fine alla sua violenta tirannia.



Se una garanzia come Joon-ho Bong, responsabile del maggior incasso della storia del cinema coreano (lo sfaccettato monster movie The Host), si presenta ai nastri di partenza del suo primo film in lingua inglese con un altro record, quello della produzione più costosa, è chiaro che l'attesa si fa grande, e si carica di ulteriori aspettative se a produrre è (tra gli altri) la Moho Films del collega e connazionale Chan-wook Park, che a sua volta ha compiuto il salto del fosso appena qualche mese prima (con Stoker), e con esiti lusinghieri.
L'origine di tutto è la serie a fumetti Le Transperceneige, scritta e pubblicata in tre volumi tra il 1978 ed il 2000 (da Jacques Lob il primo e da Benjamin Legrand i successivi): folgorato alla fine del 2004 dalla sua lettura, il regista iniziò subito a muoversi per adattarla al grande schermo, con la ferma intenzione di fare le cose in grande e mettere insieme un cast multietnico che potesse far pensare al "suo" convoglio come ad una moderna Arca di Noè. Dopo una gestazione lunga oltre otto anni (durante i quali Bong ha diretto due film e un terzo: The Host, Mother, e - nel mezzo - uno dei tre episodi di Tokyo!), nel 2013 ha visto dunque la luce Snowpiercer, una produzione internazionale che unisce capitali ed attori provenienti da tre continenti per un meltin' pot cinematografico di stupefacente compattezza, un blockbuster filosofico capace di unire resa spettacolare e pensiero teorico, percezione e concezione.

Dimostrando ancora una volta tutta la propria versatilità, Bong spazia tra i generi mantenendo una cifra stilistica sempre riconoscibile, e rende appetibili cambi di registro che in mani meno sapienti apparirebbero indigesti: così, in una storia cupa e girata quasi esclusivamente in interni che spazia tra l'azione e il melodramma, inserisce quello humour nero grottesco e irresistibile che ormai è il proprio marchio di fabbrica, e che la percorre obliquamente - emergendo spesso in momenti inattesi - al fine di alleggerire la tensione senza però smorzarla del tutto.
Caratterizzato da una linea narrativa piuttosto semplice, Snowpiercer è al tempo stesso intrattenimento d'autore d'alta scuola e riuscitissimo lavoro di squadra: e se da un lato la fotografia variegata di Kyung-pyo Hong (con Bong già in Mother) si mette splendidamente al servizio delle mille idee dello scenografo Ondrej Nekvasil proponendo una diversa scelta cromatica per ogni vagone, dall'altro il montaggio incalzante di Steve M. Choe concorre col commento musicale inappuntabile di Marco Beltrami a garantire che l'ingranaggio si mantenga sempre oliato in maniera ottimale, mentre la sceneggiatura accuratamente scritta da Bong con Kelly Masterson rivela pian piano tutta la propria intrinseca complessità ed il proprio ampio respiro, tenendo sempre un occhio puntato sul versante socio-politico sino a realizzare, in un finale dal crescendo implacabile, una riflessione sinistra e agghiacciante sulla natura dell'uomo e sulla genesi delle dittature, sul senso del capitalismo e sullo scopo fattuale della lotta di classe.

In quello che sotto ogni punto di vista può definirsi un grande film collettivo, gran merito va dato anche ai molti nomi che compongono un cast di prim'ordine. Tra tutti, la palma del migliore è contesa tra Kang-ho Song e Tilda Swinson, che rappresentano anche i due estremi in fatto di recitazione: trattenuto e spesso impassibile il primo nel ruolo di Nim-su (l'ingegnere tossicomane che conosce i segreti del sistema di sicurezza del treno, avendolo progettato lui),  volutamente eccessiva e sopra le righe la seconda in quello di Mason (l'odiosa e arrogante lacchè numero uno del capo); mentre assieme ad altri attori di sicuro affidamento come John Hurt, Ed Harris ed Octavia Spencer, la sorpresa è rappresentata da colui che di fatto figura come protagonista, ovvero Chris Evans che, coperti i muscoli e smessi i panni di Capitan America, dimostra di essere insospettabilmente in grado di dare al proprio Curtis il dovuto spessore psicologico.

Ma in questo florilegio di buone notizie, alle quali si aggiunge il fatto che in Italia il film ha già un distributore, la Koch Media, ce n'è anche una cattiva ed arriva dagli Stati Uniti, dove pare che la Weinstein Company, detentrice dei diritti per il Nord America, il Sudafrica, l'Australia, la Nuova Zelanda ed il Regno Unito, abbia intimato al regista di sforbiciarlo di una ventina di minuti per renderlo più comprensibile ad un pubblico che, evidentemente, considera poco perspicace. Il rischio, se il proposito verrà mantenuto, è che Snowpiercer (già uscito al cinema sia in patria che in Francia in tutto il suo integrale splendore) finisca nelle sale di mezzo mondo in un'edizione ripulita di miriadi di dettagli, e presentato quindi sotto le spoglie dell'action fantascientifico convenzionale che in realtà non è.

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