Regia di Evan Goldberg, Seth Rogen vedi scheda film
American Pie incontra La guerra dei mondi. E di mezzo ci sono anche L’esorcista e La notte dei morti viventi. Tutto normale, visto che a Hollywood è arrivata l’Apocalisse. Solo nel salotto di James Franco qualcuno si salva: sono i suoi amici attori che aveva invitato per la solita festa a sfondo goliardico, a base di bevute, battute scurrili ed eccentricità varie. I superstiti sono, oltre al padrone di casa, Jay Baruchel, Danny McBride, Jonah Hill, Craig Robinson e Seth Rogen: sei uomini che se la devono vedere con un mondo andato a pezzi, la carenza di cibo e di acqua, e con la vecchia ruggine che torna a galla. Là fuori tutto brucia, ed il leggendario drago dalle sette teste sta seminando ovunque morte e distruzione, ma nemmeno tra le mura diroccate della villa di Beverly Hills regna la pace. Le futili rivalità e le incomprensioni più assurde non mollano la presa, neppure in quella situazione estrema, tanto che anche la povera Emma Watson, arrivata in quel luogo cerca di riparo, dovrà subito fuggirne terrorizzata, facendosi strada a colpi d’ascia. Forse non si poteva immaginare un modo più provocatorio di rappresentare la battaglia finale nel paradiso del cinema: divi ed antidici gli uni contro gli altri armati, in un confronto assai poco epico ed infarcito di piccoli orrori e grandi meschinità. La visione biblica si sfronda, per l’occasione, di ogni magniloquenza per ridurre salvezza e dannazione ai due possibili esiti di un gioco che riassume il senso della vita nel bonario quadro di una serata passata a scherzare in compagnia. I risvolti terribili della faccenda sono tali in maniera così sguaiata che sembra impossibile prenderli sul serio. La mostruosità è caricatura, e l’inferno appare, semplicemente, come un tetro abisso del cattivo gusto. Il magma infuocato che si riversa, tutto intorno, dalle viscere della terra si riflette, nella scala ridotta di quello sgangherato covo di sopravvissuti, in un tracimare di schifezze liquide e di eccessi alimentari da ragazzacci impenitenti. Ma in quell’atmosfera ad altissima tensione, nell’eruzione generale di istinti repressi ed annosi sedimenti di rancore, può capitare che dal fondo dell’anima affiori, all’improvviso, qualche spunto di saggezza e di coscienzioso ripensamento. Lo sconquasso dell’universo offre ai protagonisti di questa commedia catastrofica anche l’occasione per reinventarsi le inimicizie che li hanno sempre divisi, e che, in quelle circostanze, travasano il loro carattere beffardo in un calderone ribollente di perfidie, gratuite e canzonatorie. Riprendendo, in chiave dissacrante, il contenuto escatologico del messaggio evangelico, This is the End vuole, in realtà, soltanto ridicolizzare l’uso disinvolto e maldestro che, nella quotidianità della gente comune come nello showbiz, ognuno di noi fa della distinzione tra il bene e il male. La differenza non è banale come sembra, ed il confine tra gli opposti non possiede la nettezza perentoria delle sentenze divine, delle morali delle fiabe o delle formule magiche: non basta un colpo di bacchetta per passare dall’una all’altra parte. Certe cose succedono soltanto nella fantascienza, che, quando si abbassa ad una disputa tra angeli e demoni, degrada nel kitsch casalingo degli incubi infantili mai superati. Uomini grandi e grossi ne sono le vittime surreali ma non troppo: celebrities povere e indifese, che, per una volta, annegano nelle debolezze dei ruoli che ne hanno fatto delle star.
Il film è stato tratto dal cortometraggio Jason and Seth versus the Apocalypse (2007).
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