Regia di Massimo Ceccherini vedi scheda film
Se il titolo è imbarazzante, il film riesce persino a fare di peggio. Diretto malissimo, recitato orrendamente, con una trama da latte alle ginocchia e una serie di gag e di battute (battute...) che rasentano le vette dello squallore, La mia mamma suona il rock è il degno ritorno alla regia di un comico bravino, ma sopravvalutato alla fine degli anni Novanta e che si è dato al delirio di onnipotenza nei primi Duemila, trascorrendo la successiva decade nel più totale anonimato. Parliamo ovviamente di Massimo Ceccherini, ottimo caratterista in ruoli sguaiati e macchiettistici, ma insostenibile come protagonista di un intero film; dopo tre pellicole dirette fra il 1999 e il 2003 (Lucignolo, Faccia da Picasso e La mia vita a stelle e strisce), più l'enigmatico La brutta copia, girato nel 2002 e mai distribuito per problemi di produzione, ecco la quarta/quinta regia per l'attore toscano. Siamo davvero ai minimi storici: la sceneggiatura (Ceccherini, Andrea Bruni, Silvio Capecchi) non ha ritmo e inscena una storia insipida e pretestuosa; gli interpreti sono emeriti sconosciuti o starlette dalla recitazione canina (anche se Cristina Dal Basso, nei panni di un'oca, non sfigura affatto - detto senza sarcasmo di sorta), con tanto di cameo finale da parte di Valeria Marini; in parti marginali compaiono anche l'immancabile Alessandro Paci e Carlo Monni, in una delle sue ultime comparsate sul grande schermo. Colonna sonora, fotografia, costumi: è tutto decisamente sciatto e tirato via, anche se la pecca principale, come è logico che sia per un film presunto comico, è che spesso e volentieri manca la verve giusta, la battuta fulminante o l'espediente (il tormentone, la gag fisica) per generare la risata. Con 'battute' del calibro di 'buco di merdaaaaa' o 'la mia mamma è una puttanaaaa' è francamente fatica entusiasmarsi. 1,5/10.
Una coppia di stilisti omosessuali vuole adottare un bambino; lo Stato e la Chiesa si oppongono, così uno dei due rapisce un barbone alcolizzato, lo incatena al letto e lo veste da neonato. Quando il barbone ritorna in sè, decide che si trova bene e vuole rimanere lì.
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