Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film
“Ahmad!”. “Ahmad!”. “Ahmad!”. Tutti chiamano Ahmad, ognuno ha il suo motivo. La sua ormai ex moglie Marie perché la aiuti a migliorare i rapporti con le sue figlie, la figlia di quest’ultima, l’adolescente Lucie, perché è molto affezionata e si fida solo di lui, perfino il piccolo Fouad, dapprima diffidente, perché con lui si trova bene e riesce a calmare il suo animo di bambino irrequieto. Tutti lo tirano di qui e di là e Ahmad, paziente, riflessivo e con un consiglio per tutti, risponde e si mette umilmente a disposizione. L’unico che inizialmente lo vuole evitare è Samir, il nuovo ed ennesimo compagno di Marie, ma va a finire che anche lui si fa dare una mano per cercare la fuggiasca Lucie.
La vita della farmacista Marie è un disastro relazionale ed esistenziale: è sì la moglie ormai separata di Ahmad, ma ha anche due figlie avute da altri uomini e adesso ha una relazione con Samir, titolare di una lavanderia e già padre di un bambino frutto del suo matrimonio. Marie ha fatto venire in Francia suo marito Ahmad dall’Iran, dove lui è tornato dopo la separazione; il motivo è che devono firmare i documenti per il divorzio, ma lentamente questo motivo nello svolgersi della storia si dimostra solo un pretesto per l’iraniano. Lui avrebbe potuto incaricare un avvocato per chiudere la pratica del divorzio, invece ha preferito andare di persona. Risulta chiaro che Ahmad non avrebbe mai lasciato la moglie, anche se i loro rapporti ormai erano rovinati dai tanti diverbi, dalle tante discussioni su ogni argomento; è chiaro che lui prova ancora qualche sentimento per la moglie anche se non lo dà a vedere ed è rammaricato di non poter ricucire lo strappo e coglie con piacere un piccolo segnale, in quanto Marie non ha voluto prenotargli un albergo e preferisce ospitarlo in casa. Forse questo particolare vorrà dire qualcosa? Ma ormai è troppo tardi, l’udienza per il divorzio è già fissata e Marie vive il suo nuovo rapporto con Samir in maniera più o meno stabile. Il clima non è affatto sereno perché ogni personaggio attraversa una profonda crisi esistenziale, come se le difficoltà di Marie si riversassero su tutti loro. La causa di questa situazione di scarsissimo equilibrio è il tentativo di suicidio quasi riuscito della moglie di Samir, in preda ad una profonda crisi depressiva a causa del tradimento scoperto e adesso in coma in un letto di ospedale. La situazione derivata dal tentato suicidio è come una macchia di petrolio che inquina, una nuvola tossica che ammorba l’aria: si adagia pesante sulle due famiglie e sugli intrecci che si sono creati. Marie si sente in colpa quale causa dell’insano gesto; Samir soffre per la moglie ma non vuole allontanarsi dalla sua amante; la giovane Lucie (primogenita di Marie) è la più sensibile ed è quella che sta soffrendo maggiormente, data anche la sua delicata età, e non vuole più vivere nella casa della madre, addossandole la colpa pure del divorzio essendo molto affezionata al buon Ahmad, sebbene non sia suo padre; il piccolo Fouad in questa particolare e difficile atmosfera familiare è diventato ribelle e disubbidiente. La piccola e secondogenita di Marie, Léa, assiste quasi inebetita alle discussioni e alle scenate. Intorno a tutti ruota la persona più ragionevole e saggia, Ahmad, persona colta e sensibile. E’ arrivato dall’Iran ancora inconsapevole dell’aria che tirava nella casa della ex moglie ma ne rimane inevitabilmente coinvolto, sia perché tutti lo tirano per la manica, sia perché prova ancora affetto per Marie e sa bene che la giovane Lucie ascolta solo lui e solo lui potrà trattenerla dalla fuga dalla casa. Pazientemente ragiona con tutti, dà volentieri il suo consiglio, cerca di calmare quest’aria da tempesta che sta distruggendo ogni cosa, infonde attimi di serenità, solo attimi. Il tutto con la sua calma e filosofia mediorientale. Corre di qua, corre di là, il buon Ahmad cerca di calmare gli animi inaspriti e in fondo spera forse di recuperare la sua donna. Ma veramente la moglie di Samir ha tentato il suicidio dopo aver scoperto il tradimento di suo marito con Marie? E’ questo il reale motivo? Aveva davvero scoperto la tresca, causa delle tribolazioni anche nella famiglia della stessa Marie?
Il melodramma cambia tinta e vira verso il giallo: la parte finale è una magmatica evoluzione tra sospetti e supposizioni, continuamente sorprendente. Lo spettatore rimane spiazzato più volte dalle possibili e diverse cause del gesto clamoroso del suicidio, dalle accuse reciproche di responsabilità tra i personaggi. Siamo di fronte ad un finale inaspettatamente thriller.
Come il suo protagonista Amhad, l’eccellente e premiato regista Asghar Farhadi lascia Teheran e gira a Parigi ma rimane nel mondo delle problematiche dei difficili rapporti di coppia. Da “Una separazione” (Premio Oscar) al divorzio de “Il passato” c’è la continuità del discorso intimista e conflittuale tra un uomo e una donna che non riescono più a convivere, a rappacificarsi. La sua sceneggiatura è secca e atroce, netta e chiara. I 130 minuti passano veloci proprio per merito dei dialoghi e anche per una storia che coinvolge e che non fa mai abbassare l’attenzione e la tensione dello spettatore. Bérénice Bejo è stata premiata come miglior attrice a Cannes, ma, oltre ai bravi Tahar Rahim e Ali Mossaffa, se potessi scommettere 1 dollaro lo punterei sulla straordinaria giovane belga Pauline Burlet che interpreta la primogenita Lucie in maniera convinta e con forte intensità.
Gran bel film che merita tutta la nostra attenzione.
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