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Quelle strane occasioni

Regia di Luigi Magni, Luigi Comencini, Nanni Loy vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Quelle strane occasioni

di Dik
6 stelle

Tre protagonisti, tre registi, tre episodi.

 

"Italian Superman" di Nanny Loy (Giovanni Loy, che non firmerà la regia, uscendo come "Anonimo"), con Paolo Villaggio, Valeria Moriconi (Valeria Abbruzzetti).

Un emigrato italiano ad Amsterdam si procura da vivere vendendo castagnaccio e lupini per strada ma, la notte, grazie alle sue "doti", è l'attrazione di un night club. Quando la moglie scopre la sua doppia vita, pretende di partecipare con lui a questi spettacoli, ma l'uomo andrà in crisi.

 

"Il cavalluccio svedese" di Luigi Magni, con Nino Manfredi (Saturnino Manfredi), Jinny Steffan (Juana Eugenia Steffan), Olga Karlatos (Olga Vlassopulos).

Solo a casa per terminare un progetto, un maturo architetto si trova obbligato a dare ospitalità alla giovane figlia di un collega svedese di passaggio a Roma. Non riuscirà a resisterle e scoprirà anche che la moglie non gli è stata sempre fedele.

 

"L'ascensore" di Luigi Comencini, con Alberto Sordi, Stefania Sandrelli. Alla vigilia di Ferragosto, un monsignore ed una giovane donna rimangono bloccati in un ascensore di un palazzo deserto per le ferie estive. Dopo una reciproca diffidenza, i due cominciano ad entrare in confidenza finendo per spogliarsi a causa della canicola agostana. Si scoprirà che la castità non è una virtù del prelato.

 

Pellicola famosissima, tra i maggiori successi della stagione 1977, è una commedia su vizi e stereotipi degli italiani in Patria e fuori; ardita, graffiante... ma con gli artigli non sempre affilati e disequilbrata, tipica di un lavoro formato da tre vicende che hanno sì un filo comune ma rappresentano, di fatto, tre film distinti.

 

Sceneggiato da Piero De Bernardi e Leo Benvenuti (da un soggetto di Sergio Corbucci) il primo episodio è quello più comico, defilato rispetto agli altri e, sulla carta, anche il più interessante. Non c'è mai stata una dichiarazione ufficiale sul ritiro della firma, ma Loy azzarda di brutto; spinge, e parecchio, sulla provocazione, tirando al limite le maglie della censura (non più inquisitoria, ma ancora bacchettona ai tempi) con poche allusioni e tanta "sostanza". Il problema è Villaggio, il quale non fa altro che riproporre un Fantozzi in terra olandese che alla lunga stanca e vanifica in gran parte l'obiettivo degli autori di fare critica sociale. Si ride, ma ne esce un lavoro sbilanciato e poco equilibrato.

 

Il secondo episodio è potenzialmente l'opposto del primo; da un soggetto piuttosto piatto e scontato di Rodolfo Sonego (anche sceneggiatore) ne scaturisce una vicenda godibile, tutta sulle spalle di Manfredi che, con la sua recitazione flemmatica, le sue caratteristiche espressioni, dà un'anima ad un intreccio poco fantasioso.

 

L'ultimo episodio è la chicca della pellicola, il più sperimentale. Da una buona idea di Sonego (che anche qui cura soggetto e sceneggiatura), il quale imprigiona in tre metri quadri mal contati una assai provocante Stefania Sandrelli ed Alberto Sordi, inarrivabile, che si inventa il personaggio del monsignor Ascanio La Costa. Il canonico dapprima sembra subire l'irrequietudine della ragazza, per poi diventarne carnefice; solo Sordi, infatti, si poteva permettere di costruire un personaggio così cinico, bugiardo ed approfittatore in abito talare e ad uscirne indenne... col sorriso in volto. Va da sé, che i pochi minuti in cui il monsignore espone la teoria del "libero arbitrio" ad una confusa Donatella (il personaggio della Sandrelli), valgono da soli la visione del film.

 

Girato ad Amsterdam (Paesi Bassi) l'episodio di Villaggio, mentre a Roma gli altri due.

 

Musiche di Piero Piccioni.

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