Regia di Sebastian Junger vedi scheda film
L’uomo al fronte, in prima linea. Esposto alla guerra, attorniato d’orrore, spinto all’estremo della propria attitudine emotiva, emozionale, vitale. Tim Hetherington imbraccia una fotocamera, mentre segue giovani ribelli liberiani a Monrovia nel 2001 e soldati americani in Afghanistan nel 2007-2008, alla ricerca dell’umanità quotidiana da cogliere nell’inferno dei conflitti armati. Antropologo fotografico, Tim ferma il tempo nei suoi scatti, cristallizzando frammenti di umanità espulsi da un caricatore e altrimenti destinati all’abbandono. Meglio, al superamento compiuto dal tempo sull’istante. La voce narrante è quasi elemento superfluo, nel documentario confezionato dall’amico e collega Sebastian Junger che, nell’alternanza tra filmati e scatti, coglie le ragioni alla base della vocazione di questo custode della storia e della vita, del tempo e della morte, immortalato, solo, in un campo di croci e corvi. L’immagine (ri)acquista la sua centralità, palesando l’inutilità della frontalità e degli istinti rigidamente biografici sfoggiati all’inizio. Tragicamente ucciso nel 2011 a Misurata, Libia, durante la guerra civile, Hetherington “risorge” in un ultimo primo piano, osservandoci in silenzio prima di scoppiare a ridere: in questa immagine, è come se Tim portasse a compimento il suo percorso morale dimostrandoci che chiunque - persino il fotografo più consapevole del mezzo - al cospetto di un obiettivo non può fare altro che raccontarsi. Anche nel bel mezzo di una guerra.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta