Regia di Andrew Bujalski vedi scheda film
Negli anni '70 un gruppo di programmatori si ritrova in un albergo per l'annuale convention che vede giocare a scacchi computer (e programmi) tra di loro e contro l'uomo, dell'era pre personal computer. I computer sono dei cassoni con schermo puramente testuale ai fosfori verdi. I partecipanti alla competizione sono terribilmente nerd, nel senso quelli sfigati di quarantanni fa, non come i nostri miliardari "cool" fondatori di Google e Facebook. Il film si traveste da documentario d'epoca e per qualche minuto inganna lo spettatore, sembra proprio che sia così, fino a quando non ci rende conto che la qualità dell'audio è troppo alta e le scene cominciano ad entrare nella vita intima delle persone.
Girato tutto in bianco e nero formato tre quarti con una telecamera d'epoca, Computer Chess rende straordinariamente bene il sapore di un'epoca. Non si tratta solo dell'accurata ricostruzione di costumi e scenografia, che ormai abbiamo visto tante volte: è lo straniamento stesso creato dal finto documentario che ci proietta più che mai nella realtà. Così le speculazioni e le aspettative mirabolanti sull'intelligenza artificiale, il diffuso uso di droghe e la sperimentazione delle coppie aperte suonano allo spettatore tremendamente vere. Gli attori recitano con un tono basso, molto efficace per rappresentare degli spezzoni rubati dalla telecamera in una conversazione spontanea in un'epoca in cui non era ancora comune "atteggiarsi" davanti a macchine fotografiche e videocamere come abbiamo imparato a fare ora.
Alla fine del film sembra che non esista modo migliore di immergersi in un'altra epoca che un "fake documentary" come questo.
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