Regia di Bennett Miller vedi scheda film
Dalla vera storia dei fratelli Schultz, atleti di lotta libera, di cui uno, Dave, vinse l'oro a Los Angeles '84, e tratto dall'autobiografia dell'altro fratello, Mark, "Foxcatcher" è un lungometraggio che si guadagnò, due edizioni fa, cinque candidature agli Oscar, tra cui le più importanti, film, regia e due agli attori, protagonista (Steve Carell) e non protagonista (Mark Ruffalo): nel racconto è messo in risalto il rapporto del miliardario John E. Dupont, che finanziò Mark per portarlo alle Olimpiadi di Seul nel 1988. Dupont è un uomo ricco ma depresso e compresso, indecifrabile e scostante, che vive in soggezione dell'anziana madre e instaura con il giovane lottatore una forma d'amicizia che forse è una sorta di attrazione omosessuale sofferta e non espressa. Il film scritto e diretto da Bennett Miller, che vinse la palma d'Oro a Cannes per la miglior regia, è carico di un'atmosfera malsana lungo tutta la proiezione: i silenzi sono tesi, raramente interviene la musica ad alleggerire il dramma che si sta consumando, tra complessi di inferiorità, solitudine dovuta a difficoltà di relazione, la rabbia cova appena sotto la superficie, e il tutto sfocerà in tragedia. Con qualche pesantezza nel perdere, talvolta, il ritmo giusto, il film è comunque volutamente urticante, e molto deve a tre attori di grande impegno: se Tatum si sta affrancando dall'immagine del ragazzone tutto testosterone, massiccio e un pò ottuso di inizio carriera, Ruffalo è ormai una garanzia, e un attore partito brillante come Steve Carrell sorprende in una performance lodevole, di un uomo perennemente a disagio con il prossimo, che progressivamente appare come una sorta di Nosferatu ossessionato e livido.
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