Regia di Bennett Miller vedi scheda film
una storia americana... un'altra e mi è venuta in mente, così come un lampo un altro film che parla di una famiglia e una storia americana che mi ha fatto una tristezza sconfinata, esattamente come questa, "capturing the friedman". perchè "foxcather" cattura i due lati opposti di una stessa situazione. una dinastia che ha costruito un impero e si fa promotrice di valori prettamente americani e una famiglia, disfunzionale, in cui due fratelli hanno combattuto tutta una vita per non farsi sotterrare da ciò che avrebbe potuto essere il loro pre-destino. da una parte abbiamo un rampollo iperprotetto dalle convenzioni, dai soldi, dall'albero genealogico e da una madre perennemente giudicante(vanessa redgrave.... io non ho parole per esprimere la mia meraviglia nel vederla recitare con quei due grandi occhi celesti e la sua bocca riversa mentre osserva il figlio che finge di addestrare il "suo team"), che grazie ai soldi ottiene tutto ciò che materialmente desidera, accorgendosi ben presto di cosa invece non potrà mai possedere, e dall'altra abbiamo un ragazzo che grazie alla lotta libera emerge dai bassi fondi che altrimenti lo inghiottirebbero e che soprattutto col supporto, l'amore incondizionato e l'affetto del fratello maggiore riesce a diventare più volte campione nella proprio disciplina. ma non sono quegli scorci di provincia bagnaticcia e corrosa dall'umidità, o le sterminate proprietà du pont immerse nei colori autunnali dei parchi o dalle brume invernali a sommergere la "storia" nella tristezza. sono le persone, nella fattispecie, i personaggi di questa storia filmata a provocare quei vortici alla bocca dello stomaco che si trasformano nel fatidico sasso nella scarpa che fanno di un film un bel film. più volte ho provato imbarazzo estremo e disagio nell'osservare "il coach" cercare di atteggiarsi a coach e più volte ho annussato la tragedia, quel tipo di tragedia che non dovrebbe mai esserci perchè talmente sfiorabile quotidianamente che sei sicuro che non accadrà mai. con l'arrivo di dave, il fratello maggiore di mark, però qualcosa si incrina definitivamente e il vetro già scheggiato in precedenza ora va in frantumi. il sogno americano di mark schultz si disfa, così effimero e così aereo, mark lo ha solo intuito. il padre che credeva di aver finalmente trovato in john du pont è l'ennesimo padre che non è capace di essere padre perchè in cuor suo vuol essere qualcos'altro e allora cominciano le angherie, le cattiverie, i ceffoni sconsiderati e l'odio si frappone ancora una volta tra le persone, causando dolore e versando il sangue. è di una tristezza di cui vorresti volentieri fare a meno quella di foxcatcher. una tristezza che non lascia speranze, ma solo dolori e anime spezzate, e perdite inutili e sciocche, per cui nemmeno la punizione del colpevole alla fine può essere un sollievo. davvero!, davvero questa può e deve essere l'ennesima storia americana? per john du pont lo era e doveva essere esattamente così come è stata. prova mastodontica dei tre protagonista, a cominciare con le splendide prove esageratamente sopra le righe di tatum e carell, a quelle sotto tono di un sexyssimo ruffalo e di una strepitosa redgrave. gran bel film
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