Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
L'ultimo lavoro di Bunuel lascia spiazzati come d'abitudine; a 77 anni suonati il regista ha ancora voglia di sorprendere, di destrutturare la logica e reinventare il processo narrativo. Questa volta la particolrità che per prima salta all'occhio è quella di aver scelto due interpreti per lo stesso ruolo (Conchita, la co-protagonista), alternandole continuamente senza una ragione comprensibile. Domande? Inutile porsene. Come è inutile chiedersi quale sia l'effettivo finale della storia: il lenzuolo insanguinato è solo una proiezione o un'effettiva realtà? Anche qui Bunuel gioca continuamente rimandando elementi reali e finzione in un'incessante alternanza di sensazioni, di dimensioni narrative; quale che sia la vera verità, una bomba esplode sul ricongiungimento finale dei nostri due eroi, e chissenefrega di tutto e di tutti. E' solo cinema, solo intrattenimento? Il profilo psicologico (il frequente uso di simboli, l'interpretazione psicanalitica) di questo film è troppo profondo o semplicemente inesistente, volutamente confuso? Siamo in pieno territorio-Bunuel, è inutile - appunto - porsi troppe domande.
Un uomo maturo si invaghisce di una ragazza. Lei pare ricambiare, ma ai regali dell'uomo risponde picche: secondo lei l'amore non chiede una controparte in natura. Salvo poi ripensarci, reincontrandosi tempo dopo. Ma nonostante il continuo tira e molla e per quante volte l'uomo riesca a riconquistarla, la ragazza rimane sempre vergine. L'ultimo incontro fra i due avviene su un treno, proprio mentre lui sta raccontando la sua storia agli altri passeggeri del vagone; questa volta il lenzuolo si macchierà di sangue?
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