Regia di Mike Lerner, Maxim Pozdorovkin vedi scheda film
Non meraviglia che nel momento in cui la battaglia delle Pussy Riot ha assunto i connotati della lotta anticapitalistica i media occidentali, inizialmente sedotti dall’aggettivo “punk”, abbiano progressivamente dimenticato Maria Alyokhina e Nadežda (Nadia) Tolokonnikova, che invece marciscono – ancora! - nelle galere putiniane. Proprio quest’ultima, prima di essere trasferita in una località segreta in Siberia, ha intrattenuto una corrispondenza con Slavoj Žižek pubblicata in Italia dalla rivista “MicroMega”. Il filosofo sloveno evidenzia che «le Pussy Riot espongono alla luce del sole la continuità fra lo stalinismo e il capitalismo mondiale contemporaneo», mentre la Tolokonnikova afferma senza mezzi termini: «Mi trovo in una colonia penale che fa parte delle zone economiche libere […] vale a dire zone di sfruttamento legalizzato». Insomma: la parola punk è il classico dito che indica la luna. D’altronde Mao non è che avesse tutti i torti: puniamone due e mandiamo un messaggio a quelle/i di casa nostra. Putin è la misura delle aspirazioni della democrazia occidentale. Il film di Lerner e Pozdorovkin (suo l’ottimo Capital), pur non essendo molto di più di una buona trasmissione tv, ha il merito di tenere l’attenzione desta sul destino di Maria e Nadia. In attesa che i «teorici europei mettano da parte il proprio eurocentrismo per passare in rassegna il capitalismo globale in tutta la sua pienezza», come suggerisce appunto Nadia.
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