Regia di Sebastián Lelio vedi scheda film
Gloria è un esempio di cinema d’autore borghese e adulto che per diverse ragioni si può considerare in via d’estinzione. Perché Hollywood non lo produce quasi più, salvo casi di registi un po’ furbetti e un po’ ispirati (Jason Reitman); perché in Italia il suo ideale bacino di utenti adulti e mediamente colti viene soddisfatto, specie se di bocca buona, dalle fiction televisive; o ancora perché di quel tipo di cinema se ne vede parecchio nei festival, ma sempre meno nelle sale. Con Gloria succede per fortuna il contrario, grazie al premio della Berlinale 2013 all’attrice Paulina García, ma soprattutto alla capacità del cileno Sebastián Lelio di tratteggiare un ritratto femminile capace di superare le barriere di genere ed evocare sentimenti di empatia. Gloria è una cinquantottenne di Santiago, divorziata e madre di due figli adulti, che nonostante la solitudine e l’età non ha smesso di sentirsi donna e di cercare il piacere. Ogni sera si mette in ghingheri, esce, cerca compagnia, e quando incontra un coetaneo gentile e interessato instaura una nuova relazione, godendosi il sesso, le serate a due, le vacanze e pure l’orgoglio di presentarlo in famiglia. Lui si chiama Rodolfo, è separato, ha due figlie, ma è incerto e spaventato, laddove Gloria è coraggiosa e libera. Lelio racchiude le infinite sfumature del suo personaggio nel volto e nel corpo della straordinaria García, coglie in lei i sogni ingenui di una donna come tante, né bella né colta, solamente viva. Di conseguenze, lo stile è composto e senza svolazzi, ancorato a una quotidianità banale, talvolta ironica e mai disperata. Ciò che si percepisce è però un’energia trattenuta, un desiderio che rischia di spezzare la medietà del tono. E per quanto alla fine tutto si tenga, è nello sfogo più banale e diretto che Gloria trova il suo compimento. Quando infatti il nome della protagonista diventa anche il titolo di una canzone (sì, quella di Tozzi), l’immediatezza del riferimento libera finalmente il film, gli regala un episodio di disarmante bellezza con l’espediente più scontato e inevitabile. Ma il cinema d’autore borghese e adulto è così, letterale ed esplicito, costruito per raccontare la vita vera nel modo più efficace e innocuo possibile.
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