Regia di Sebastián Lelio vedi scheda film
I giorni della monotonia li avrebbe chiamati Battiato, quelli nei quali ci addentriamo, attraverso le prime sequenze del film, nell’universo di Gloria. Un tempo e uno spazio dominati, appunto, dalla monotonia e dai costanti tentativi di uscirne: “certe sere no”, “come tutti”, “a volte è finalmente”.
Lei è una donna cinquantottenne, ma che si sente ancora giovane. Tant’è che nel suo quotidiano cerca di fare della sua solitudine una festa, trascorrendo le notti in cerca d’amore, in sale da ballo per adulti single, lasciandosi trasportare dal momento, del qui ed ora, che non è sempre facile gestire. Un giorno, la sua fragile felicità trabocca, a causa dell’incontro con Rodolfo, con cui si stabilisce un genere di rapporto tutto costruito sull’attrazione, l’intensa passione e il dono senza riserve, soprattutto da parte di Gloria, che avverte quella come la sua ultima occasione. Fra speranza e disperazione, la donna dovrà fare nuovamente i conti con se stessa, riscoprire il modo per riuscire a brillare più che mai, rafforzata dall’assenza che non è vuoto.
Il meraviglioso film del cileno Sebastián Lelio è tutto concentrato sulla banalità della ricerca dell’amore, ma anche sulla sua necessità. Perché, come lo stesso cantautore ha cantato, la stagione dell’amore viene e va, i desideri non invecchiano con l’età. Non c’è un’età per amare e un’altra per sentirsi amati. Semplicemente, arriva per tutti quella per la quale se penso a come ho speso male il mio tempo. E allora, come Gloria, si cerca di goderselo il tempo in amore, goccia a goccia. Facendo anche i conti con il disagio di un vivere fra mondanità che non ti appartengono, che spesso ti possono rattristare, ponendoti le spalle al muro a fare i conti con la tua solitudine. Che può diventare tale anche se si è in due.
Il regista è come se si facesse cultore della materia, avendo la grande capacità di raccontarla con una semplicità estrema, mostrandocela attraverso gli occhi della protagonista, presente in ogni scena e mai sempre uguale. Lelio parla attraverso i gesti, di lei, di lui, di loro, le loro presenze fisiche, riportando in superficie tutto ciò che è nascosto nelle pieghe dell’animo di Gloria e del suo amante. La loro nudità è totale. Pertanto disarma. E’ amore giovane.
Gloria è un film che fa divertire, ma anche piangere. Alla fine, la sensazione é di aver rivisto sul grande schermo una persona che tanto ci assomiglia in tutte le sue sfumature. E un film riesce in tutto ciò, se ha una sceneggiatura senza sbavature, come in questo caso, firmata dal regista e da Gonzalo Maza, ma anche degli attori straordinari, come tutti quelli del cast: non è un caso che Paulina Garcia ha meritato un’importante premiazione a Berlino, per la sua interpretazione. Anche la fotografia, dai toni caldi, e finanche la colonna sonora, rendono merito ad una storia che si vorrebbe non finisse mai, anche e nonostante dopo la voce di Umberto Tozzi, che alla fine, doveva arrivare, visti gli anni, visto il nome e la situazione di quel che lui stesso canta manchi tu nell’aria, manchi come il sale. La storia di Gloria lascia l’amara sensazione di qualcosa che ci appartiene, l’impressione di vedere un film svolgersi e accorgersi che a dirigerlo, nel bene o nel male, sei tu stesso. Ed è sempre bella e utile la proiezione di sé.
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