Regia di Sebastián Lelio vedi scheda film
Gli orsi - d'oro o d'argento - si addicono alle donne... Paulina Garcìa, l‘attrice che con versatilità ha dato vita alle molte facce di Gloria è ripartita da Berlino, nel 2013, portandosi a casa l’Orso d’argento assegnato alla migliore interpretazione femminile.
Credo che lo abbia meritato: il film, infatti, poggia quasi interamente su di lei, che rende credibili i mutevoli aspetti del personaggio, i suoi sogni, le troppe delusioni, ma anche le innumerevoli contraddizioni e le incertezze che hanno percorso e continuano a percorrerne la vita di donna non più giovane, che prova a organizzarsi dopo essere stata abbandonata, sulla soglia dei cinquant’anni, da un marito in cerca di compagne meno “mature” e meno stanche.
Gloria (Paulina Garcia) aveva cresciuto i figli e si era strapazzata fra casa e lavoro per mandare avanti la famiglia e ora, dopo dieci anni, invecchiata, ma ancora briosa e di gradevole aspetto, non pare aver ha perso la voglia di vivere, di divertirsi e di accettare l’amore degli uomini.
Sembra averlo incontrato, infine: si chiama Rodolfo (Sergio Hernández), ha l’aria di un distinto signore con i suoi gli abiti di buon taglio, sotto i quali un’orribile pancera elastica – difesa e corazza – gli impedisce l’abbandono dell’uomo innamorato. È attratto da lei, ma sa che dalle sue premure attente, oltre che dalla sua disponibilità economica, dipendono ancora l’ex moglie e persino le due figlie, ormai sulla trentina, poiché egli non ha mai voluto, per viltà, chiudere definitivamente il vecchio legame fallimentare.
La coraggiosa Gloria, in un finale a sorpresa, bello e crudele, comprende che dovrà sopravvivere anche senza di lui e che probabilmente ce la farà.
Il film racconta dunque una storia piccola, quasi banale, riproponendo un’esperienza comune, forse a qualche maschio, ma soprattutto a molte donne: il mondo è pieno di bigami incapaci di scegliere, perché rifuggono dalle grane e dai problemi, davanti ai quali se la danno a gambe, per pavidità, preferendo i binari tranquilli di una noia consolidata dall’abitudine e dalle vessazioni; il mondo è anche pieno di donne che ne soffrono.
Potrebbe essere il soggetto di un fumettone o di un mélo molto visto, ma diventa invece il brillante e tenero ritratto di Gloria che, pur non giovane, rivendica il diritto di vivere pienamente gli anni che le rimangono, priva ora anche degli amatissimi figli, a cui aveva insegnato, com’è giusto, a muoversi con le proprie gambe e che ora, perciò, se ne sono andati per la loro strada.
Gloria è sola, ma non si rassegna all’emarginazione: è ancora pronta ad affrontare senza timori il giudizio del suo prossimo e il rischio di nuove delusioni.
Film apprezzabile, pur con i suoi difetti, per aver mantenuto una certa impassibilità emotiva attorno alla protagonista, il cui comportamento è raccontato col giusto distacco, anche mostrando senza timore le rughe del suo corpo invecchiato, oltre allo sguardo anche troppo sognante e ingenuamente fiducioso.
Il regista, nel 2018, accettò rifare il film, su invito hollywoodiano: Gloria divenne Gloria Bell e fu interpretata da Julianne Moore.
Un buon remake.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta