Regia di Luigi Di Gianni vedi scheda film
Un umile impiegato si ritrova improvvisamente trascinato a processo per qualcosa che sa di non aver fatto, e che neppure viene esplicitato chiaramente.
Questa versione de Il processo di Kafka ha un’indubbia importanza: ci mostra infatti le capacità di Luigi Di Gianni, documentarista sofisticato e decisamente personale nelle scelte e nello stile, come illustratore, come semplice miseur en scéne di un’opera altrui. E che opera, peraltro: i paragoni con il romanzo e, perché no?, con la trasposizione cinematografica offerta un quindicennio prima da Orson Welles sono inevitabili e Di Gianni non sfigura in nessuno dei due casi, per quanto si tratti di opere ben differenti tra loro. Il regista napoletano sceglie di aderire quanto più possibile alla pagina kafkiana, soprattutto per quanto riguarda le atmosfere lugubri e dense di presagi negativi; così facendo il suo Processo risulta un po’ pesantuccio alla visione, in particolare considerando la durata standard decisa dalle esigenze produttive: oltre tre ore di metraggio per la trasmissione televisiva in due puntate. Le ombre e le assenze nella cupa fotografia di Bruno Saccheri si accompagnano bene alla colonna sonora minimalista di Egisto Macchi (oramai storico collaboratore di Di Gianni); anche la recitazione sempre un po’ impostata, in odore di teatro insomma, contribuisce al senso di pulizia, precisione, rispettosità verso il testo di origine che l’opera emana; l’adattamento (copione, insomma) per il piccolo schermo è opera dello stesso regista, che è però partito nel suo lavoro di scrittura dalla riduzione di Jan Grossman. Fra gli interpreti non mancano nomi di grande interesse: Paolo Graziosi, Pier Luigi Zollo, Piera Degli Esposti, Leopoldo Trieste, Carlo Hintermann, Ivano Staccioli, Renato Pinciroli, Mario Scaccia, Milena Vukotic, Renato Scarpa e un giovane Roberto Herlitzka in abito da sacerdote; la fissazione di Di Gianni per Kafka proseguirà negli anni successivi, con un cortometraggio di ‘appunti’ su Nella colonia penale e una sceneggiatura, rimasta purtroppo inutilizzata, su Il castello. 5/10.
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