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Quel pomeriggio di un giorno da cani

Regia di Sidney Lumet vedi scheda film

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La recensione su Quel pomeriggio di un giorno da cani

di 79DetectiveNoir
9 stelle

Capolavoro, Pacino è mio fratello. John Cazale, anche de Il cacciatore, è mio fratello. Signore e signori, AL PACINO! Uno spettacolo, una forza della natura, qualcosa di veramente devastante! Che forza, che rabbia, che grinta, immenso! Non lo fate arrabbiare, AHUAHUA!

Al Pacino

Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975): Al Pacino

Charles Durning, Al Pacino

Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975): Charles Durning, Al Pacino

John Cazale

Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975): John Cazale

Al Pacino, Penelope Allen

Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975): Al Pacino, Penelope Allen

 

Ebbene, oggi voliamo all’indietro nel lontano anno 1975, anno d’uscita di uno dei capisaldi per antonomasia della New Hollywood, ovvero l’imbattibile ed epocale, a tutt’oggi insuperato nel suo genere, Quel pomeriggio di un giorno da cani (Dog Day Afternoon), firmato con egregia maestria dal compianto Sidney Lumet e interpretato da un Al Pacino allo zenit del suo espressivo e carismatico, talentuoso istrionismo d’antologia portentoso.

Film della corposa, potentissima e appassionante durata di due ore e cinque minuti, vietato ai minori di 14 anni, Quel pomeriggio di un giorno da cani fu sceneggiato da Frank Pierson (Cat BallouNick mano fredda) che, tornando a lavorare per Lumet dopo il precedente Rapina record a New York del ‘72, per l’occasione si basò su una storia vera, da lui romanzata e genialmente adattata in forma particolare, inventiva e avvincente, molto spettacolarizzata ma non in forma troppo irritantemente sensazionalistica a sfondo puramente retorico, bensì semplicemente sensazionale ed emozionalmente trascinante, traendo ispirazione nel soggetto da un articolo di P.F. Kluge e Thomas Moore, intitolato, The Boys in the Bank, comparso su Life. La trama, seccamente qui riassunta in pochissime righe però pertinentissime e chirurgicamente precise: nella calda giornata del 22 Agosto del 1972, tre uomini disperati assaltano una banca immediatamente dopo il suo orario di chiusura, nella speranza di derubarne il bottino conservato nella cassaforte. Niente, forse, andrà secondo i loro piani. Innanzitutto, il membro più giovane del terzetto, arrivato al dunque, non se la sentirà di proseguire nel ladrocinio e, intimorito, fuggirà vigliaccamente. Mentre gli altri due, Sonny Wortzik (Al Pacino) e il suo fido compare imbranato, anch’egli terrorizzato a morte dal precipitare degli eventi che subitaneamente incorreranno loro imprevedibilmente, cioè Salvatore Naturale (John Cazale), si troveranno presto, per l’appunto, in un mare di guai. Poiché, con loro sommo e sgradito stupore scioccante, in cassaforte sono rimasti pochissimi soldi. Sonny e Salvatore, malgrado la scarsissima somma depositata nel caveau, equivalente solamente a un migliaio di dollari (cifra certamente non esigua però assolutamente insufficiente rispetto alle loro erronee ed ardite, clamorosamente fallimentari previsioni), decideranno ugualmente di sottrarla. Ma, quando staranno per svignarsela col malloppo, si accorgeranno che, all’esterno dell’edificio bancario, vi è già la polizia, schierata agguerritamente in battaglia. Cosicché, per extrema ratio, Sonny e Salvatore prenderanno in ostaggio i clienti della banca. Questo stratagemma funzionerà oppure il mastino inamovibilmente ferreo, Eugene Moretti (Charles Durning) darà ai due gaglioffi, improvvisatisi criminali, forse da strapazzo, durissimo filo da torcere?

Premio Oscar meritatissimo alla sceneggiatura, ritmo elevatissimo che non lascia un sol attimo di respiro e di tregua, un Cazale ottimo e un Pacino titanico che si carica di tutto il peso di questo psicodramma magistrale e maestoso, con tanto di sotto-plot commovente, vivificando tale immane pellicola gigantesca, diretta da Lumet con mirabile destrezza imprendibile.

In quanto, Quel pomeriggio di un giorno da cani è diventato un film, oltre che qualitativamente ineccepibile (montaggio asciutto e allo stesso tempo frenetico di Dede Allen, fotografia eccelsamente funzionale di un ispirato Victor Kemper), assurto in modo totemico a modello ispiratore di tantissime altre pellicole similari nella tematica.

Citato perfino nel primo episodio di Mindhunter, nel quale diviene addirittura oggetto di studio per “profilazioni” di matrice criminologa-lombrosiana, praticamente copiato da cima a fondo in John Q.

Se un film, a distanza di quarantasei anni dalla sua release, è stato capace di compiere prodigiosamente tutto ciò e di risultare ancora così attualmente fascinoso e irresistibile, significa che Quel pomeriggio di un giorno da cani è un capolavoro impari dei più alti e lungimiranti. Nonostante tutto, raramente imitabile. Al massimo, seminale per film semmai molto belli, comunque sia non a esso equiparabili.


Insomma, Pacino, insomma, Falotico quando vuole, eh già, scrive da dio.
Voglio approfittare di questa mia recensione per dedicare questo film alla memoria del cugino di mia madre, cioè mio cugino di secondo grado. Unico medico del suo paese e di quello di mia madre, omaggiato dal sindaco della sua città natia. Morto purtroppo ieri per un cancro mal curato e scoperto in maniera tardiva. Ricordo ancora quando ero un ragazzino e Michele, vedendomi giocare a Calcio nel campetto sotto casa di mia nonna, diceva a tutti: sì, De Niro e Pacino sono grandi attori ma questo mio nipote è un fenomeno. Avete visto che roba? Sembra Jean-Claude Van Damme nel finale di Lionheart. Erano altri tempi, era un altro mondo, era un grande uomo.
https://www.materanews.net/matera-in-provincia-il-triste-addio-al-caro-michele-musillo-il-dottore-di-tutti/

di Stefano Falotico

 

John Cazale

Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975): John Cazale

locandina

Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975): locandina

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