Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Dramma caotico e senza un secondo di tregua. Imperdibile.
Quindici minuti di celebrità non si negano a nessuno. O anche un pomeriggio intero. La rapina doveva essere un gioco da ragazzi per Sal e Sonny: assalta la banca prima dell'orario di chiusura, prendi i soldi e scappa. Ma Sal e Sonny sono due poveri sprovveduti, e ben presto si trovano al centro di una buriana più grande di loro. La rapina diventa gazzarra mediatica e fatto di richiamo popolare, in una canicola agostana infernale. Uno spettacolo nello spettacolo cinematografico, dove Sonny (Pacino) si muove da inconsapevole, ma consumato primattore, da trascinatore di folle, e quasi da leader politico. Riusciamo quasi a contargli le gocce di sudore sulla fronte. Tutti sappiamo che l'indomani Sonny e il suo compare saranno cibo per corvi o nella migliore delle ipotesi osserveranno un lieto e lungo soggiorno nelle patrie galere: ma oggi sono le star al centro della scena. Sonny è uomo che incarna l'americanismo con tutti i suoi luoghi comuni, i suoi vizi e i suoi problemi quotidiani. E' un reduce dal Vietnam, senza lavoro, sposato con una chiattona logorroica, due figli a carico, una sessualità ambigua. Non è un buono, ma sicuramente non è nemmeno un delinquente: si professa cattolico, detesta la violenza, addirittura non manca di lampi di gentilezza e di tatto coi suoi ostaggi. Non è il mostro e Lumet non ha alcun interesse a mostrarcelo come tale. L'intera pellicola, più che come il racconto scarno di una rapina, pare configurarsi come la messa in onda di un incontro di boxe, con Sonny e la giustizia (lo Stato) ai due lati del ring. Sonny si accattiva immediatamente la simpatia del pubblico: umilia il giornalista della televisione tirando in ballo i suoi emolumenti, getta discredito sulla polizia, si fa paladino del popolo contro una certa politica e un certo potere oppressivo che sull'altare dell'ordine non risparmia vite innocenti (episodio del carcere di Attica). Sonny è l'immagine dell'antieroe televisivo usa e getta, uno dei tanti modelli buoni, o cattivi, o ambigui, che si susseguono ogni giorno nel caravanserraglio mediatico, che fagocitano il precedente e vengono fagocitati dal successivo. La pellicola di Lumet non è nemmeno un duro attacco alla sensazionalizzazione dell'informazione, perché il popolo vuole e pretende questo, vuole immedesimarsi o odiare qualcuno per interposto schermo: è così e basta. E' un sistema in cui c'è chi vince, chi perde, chi comanda, chi osserva. Lumet con le sue spettacolari riprese aeree ci mostra tutto questo perverso zoo umano nel suo insieme, in cui Sonny è solo una misera e inerme pulce in attesa di essere spazzata via.
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