Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
È una calda e torrida giornata di agosto a Brooklyn, New York. Tre rapinatori armati entrano nella First Brooklyn Savings Bank, tirano fuori i fucili e obbligano i cassieri a farsi consegnare i soldi. Uno dei tre, il più giovane, scappa subito via perché impaurito. Rimangono soltanto Sonny (Al Pacino) e Sal (John Cazale), due reduci del Vietnam con qualche disturbo psicologico. Il loro scopo è di concludere tutto nel giro di pochi minuti, ma basta un piccolo imprevisto per far precipitare la situazione, e improvvisamente la banca viene assediata da uno stuolo di polizia e forze dell’ordine. Barricati all’interno, Sonny e Sal solidarizzano con gli ostaggi, prevalentemente donne, e diventano in breve tempo degli idoli anche per la gente al di fuori della banca. L’assedio, tra trattative con l'F.B.I. ed il rilascio di alcuni ostaggi, dura 14 estenuanti ore e si conclude in tragedia.
Quel pomeriggio di un giorno da cani (Dog Day Afternoon, 1975), ventiduesima regia cinematografica di Sidney Lumet, racconta un evento realmente verificatosi a Brooklyn il 22 agosto del 1972: la tentata rapina alla Chase Manhattan Bank, durante la quale Sonny Wojtowicz e Salvatore Naturale tennero in ostaggio gli impiegati della banca per più di 14 ore. La sceneggiatura di Frank Pierson trae ispirazione da un articolo scritto da P.F. Kludge e Thomas Moore sulla rivista Time, e cerca di riprodurre fedelmente gli eventi, anche se lo stesso Wojtowicz dichiarerà in seguito che ha gli eventi narrati erano veritieri solo al 30%.
Il vero Sonny Wojtowicz ed il suo interprete Al Pacino
Sidney Lumet, alla sua seconda collaborazione con Al Pacino dopo lo strepitoso successo di Serpico, dirige uno dei suoi migliori film nonché una delle opere fondamentali per capire l’America degli anni Settanta. I protagonisti sono due disadattati, emarginati messi da parte dalla società. Sonny (interpretato da un Al Pacino in stato di grazia, praticamente perfetto nel suo temperato istrionismo) è un nevrotico che non si rende nemmeno conto del gesto che sta compiendo. Sposato e con due figli, ha una relazione con un omosessuale, Leon: ed è per lui che Sonny tenta una assurda rapina, per procurargli i soldi necessari ad una operazione che gli cambi il sesso. Sal (ruolo cucito su John Cazale, grandissimo attore scomparso prematuramente e che fu imposto alla produzione dallo stesso Al Pacino in virtù della loro amicizia) è invece silenzioso e ansiogeno, psicotico forse pericoloso e forse no. Entrambi rifiuti di un’America che aveva mandato a combattere i propri figli in una guerra insensata, per poi abbandonarli al loro stesso destino.
Quel pomeriggio di un giorno da cani diventa però anche una acuta analisi sociologica che indaga i rapporti tra sequestrati e sequestratori, ma soprattutto tra i criminali e la folla. Sonny riesce ad accattivarsi le simpatie della gente e a diventarne un idolo pronunciando una battuta entrata nella storia: quell’”Attica! Attica!” urlato alla folla, che allude alla drammatica rivolta carceraria di Attica (New York) del settembre 1971, conclusasi nel sangue con la morte di 39 persone tra detenuti e secondini.
Insomma, opera fondamentale degli anni Settanta perché riesce a mostrare, dietro le sembianze di un thriller beffardo, le contraddizioni e le paure di un Paese. Nonostante siano passati quarant’anni, Quel pomeriggio di un giorno da cani non è invecchiato di un giorno, omaggiato e citato ancora oggi da ogni film che ritragga una rapina con ostaggi (basti pensare a Inside Man di Spike Lee). Merito soprattutto della regia da manuale di Sidney Lumet, nervosa e tesissima, che restituisce tutta l'inquietudine, l’ansia ed il sudore. Perché il caldo si sente addosso, ed è un caldo torrido e spietato.
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