Regia di Rawson Marshall Thurber vedi scheda film
Lo steccato bianco che circonda la bella tenuta della bella famiglia nel bel finale mette la pietra tombale su quella che è, pacatamente, l’ennesima stupida commedia americana (con l’ennesimo stupido titolo italiano).
Appena un attimo dopo il felice quadretto, partono i titoli di coda e, ad accompagnarli, dei sorprendenti (eufemismo) errori (presunti) sul set, tra cui anche una scena nella quale parte “per divertimento” (di chi non è ben chiaro) la sigla di Friends. Simpatica, eh, anche perché regala probabilmente l’unico momento che giustifica la presenza della superstar Jennifer Aniston.
Evidentemente, quella di regalare ulteriore “sollazzo” per mezzo di tali stucchevoli riprese era l’ultima risorsa (trovata) da giocare, dagli effetti - inutile dirlo - risibili; e che in pratica forniscono l’esatta dimensione della pellicola (ossia quella delle cose andate a male che puzzano e infettano l’atmosfera).
Trovando rifugio in alcuni sicuri e notori luoghi tipici dello spettacolo a stelle e strisce - come l’ambientazione on the road, l’avventura familiare colma di eventi assurdi (ma dalla certa, lieta conclusione con trionfo di buoni sentimenti e sani valori) e abitata da figure strampalate, e un umorismo l’imperante di grana grossa che butta tutto in caciara - il film diretto da Rawson Marshall Thurber non si discosta in alcun modo da una urticante permanente sensazione del tutto già (stra)visto e sentito.
Che la sceneggiatura (della quale è del tutto inutile raccontare alcunché) sia scadente e farsesca è in pratica solo un dettaglio, in quanto si tratta più che altro di un abbozzo grezzo (scritto a otto mani!) al completo servizio della storiella e dell’”idea” di fondo: quella di conquistare territori e target dalla presa garantita e concreta (pubblico giovane e/o con indubbie voglie di distrazione e casino).
L'esca gettata nelle melmose acque della sterminata produzione mainstream è una comicità dai toni demenziali, rozzi, che non disdegna volgarità fini a se stesse (nonché a coprire la totale assenza di inventiva), e soprattutto (molto) fintamente trasgressiva. Così, scenette che vorrebbero essere tanto divertenti ed invece risultano solo tristemente inefficaci, balorde, si assommano a siparietti francamente ridicoli e sciocchi, giocati su un terreno di facilissimo acchiappo dai vaghi e innocui rimandi sessuali (la sequenza “hot” in tenda tra le due coppie di adulti; il ragno che morde i genitali del ragazzo con conseguente farlocca inquadratura; i balletti “sexy” della Aniston).
In una parola: deprimente.
Messo al bando qualsiasi intento di fare della vera sana cattiveria, o di almeno infilare un qualche elemento di cinismo o pungente ironia (con l’aggravio di taluni passaggi nei quali ovvi problemi di intraducibilità producono dialoghi incomprensibili), Come ti spaccio la famiglia (ah, il titolo originale è We’re the Millers) s’affloscia in un istante, e costantemente, in uno piattissimo stato di sostanziale insignificanza, sotto ogni aspetto.
Anche perché è quanto mai evidente che si ricerca gran parte dell’appeal e della riuscita affidandosi alla presenza e alla “simpatia” degli interpreti, in particolare alla coppia “stellare” formata da Jason Sudeikis (assai noto in patria, meno da noi) e Jennifer Aniston.
Orbene, innanzitutto vi è da segnalare che nessuno di loro né degli altri protagonisti è minimamente credibile nei rispettivi ruoli - lui spacciatore lei spogliarellista entrambi fuori tempo massimo (ma anche la stellina dai geni prestigiosi Emma Roberts che dovrebbe essere una ladruncola barbona: come no!) - con l’unica, lieve, eccezione di Will Pulter nei panni non particolarmente difficili di un giovane un po’ (tanto) tonto. A parte ciò, fatto già di per sé non trascurabile, la questione è che Sudeikis si rivela in definitiva un bambolotto anonimo e non in grado di reggere sulle proprie spalle il peso del film, mentre la Aniston pare unicamente impegnata a fare la sexy (mah, de gustibus …) e mostrare di essere (ancora) in forma, risultando in tal modo una sorta di milf nient’affatto interessante e con precisi limiti recitativi (se questa à la golden girl della commedia americana …).
Ad interpretare il “datore di lavoro” di Sudeikis figura Ed Helms (divenuto celebre con la saga di Una notte da leoni), il quale si limita ad una incolore caratterizzazione sopra le righe che non incide granché, ripetendo stancamente gesti e facce che gli - e ci - sono (troppo) consueti.
Null'altro da segnalare senonché negli States We’re the Millers sta incassando, e pure parecchio.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta