Regia di Mariano Laurenti vedi scheda film
Non è il primo ma neppure l'ultimo dei tanti decamerotici che, ai tempi, invadevano le sale cinematografiche; non è il migliore ma neppure il peggiore... di sicuro, è quello più famoso di tutti. Meriti o demeriti a parte, bisogna ammettere che Luciano Martino ha avuto fegato, nel 1972, a produrre una pellicola che, ancora oggi, in alcune situazioni, può creare qualche imbarazzo nel solo pronunciarne il titolo. Coraggio premiato, visto lo straordinario successo al cinema (costò 90 milioni di lire e ne ricavò 640) divenendo un cult famoso ancora oggi, quasi un'icona, conosciuta anche da chi questo film non l'ha mai visto. Ma è appunto guardando il lavoro di Mariano Laurenti, che ci si rende conto di una pellicola non all'altezza della fama e dell'aura leggendaria che gli è stata costruita intorno in questi decenni. Se il soggetto di Tito Carpi e Luciano Martino è uno sberleffo alla cintura di castità, vista come un'assurda limitazione della libertà, quasi una denuncia, per similitudine, alla censura bacchettona che proprio in quegli anni cominciava a mostrare le prime crepe, la sceneggiatura di Carlo Veo e dello stesso Carpi, è modesta, sfilacciata, a tratti confusa, attenta a mostrare i bellissimi corpi della Fenech e della Schubert, ma colpevole di addossare totalmente la parte comica a Pippo Franco (Francesco Pippo), il quale, ce la mette proprio tutta, ma la sua simpatica parlata in ciociaro-medioevale riecheggia in un oceano di mediocrità. Tra una lacuna e l'altra, comunque, una perla ce l'hanno regalata: la scena onirica dove Olimpio de' Pannocchieschi (Franco) corre tra prati verdi ed arbusti in fiore insieme ad Ubalda (Fenech), seni al vento e cintura di castità che fa anche da reggicalze, con in sottofondo la melodia di Bruno Nicolai, è entrata nell'immaginario erotico di un'intera generazione. Girato in parte al Castello Massimo di Arsoli (RM). Nel 1996, Laurenti dirigerà "Chiavi in mano", remake di cui tutti avremmo fatto volentieri a meno.
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