Regia di Mariano Laurenti vedi scheda film
In un imprecisato medioevo burino, parente stretto dei decamerotici che impazzavano nei primi anni '70, due spose bellissime e assai poco caste (per non dire alquanto ninfomani) concedono generosamente le loro (notevoli) grazie a chiunque, aitante giovanotto o decrepito vecchietto, capiti nei paraggi ma (chissà poi perché) tengono a stecchetto i loro rispettivi consorti che, rivali per motivi di confine, tentano ripetutamente di farsi reciprocamente becchi, con esiti a dir poco disastrosi... "Quel gran pezzo dell'Ubalda..." è tutto qui, nell'archetipo, letterale e letterario, della moglie giovane e bona e del marito brutto e cornuto, senza il quale la commedia pecoreccia all'italiana di ogni tempo avrebbe perso una buona percentuale delle sue fonti d'ispirazione. Il film di Mariano Laurenti, uno dei nomi chiave della commedia ultrapopolare degli anni '70-'80 (dai decamerotici all'ultimo Pierino/Vitali, passando per gli improponibili film di Nino D'Angelo e le varie liceali/insegnanti/infermiere più o meno scollacciate che hanno imperversato nei nostri cinema con incredibili successi di pubblico) è diventato uno dei cult assoluti per gli appassionati del cosiddetto cinema trash, in buona parte a cagione dell'indimenticabile titolo soft-core (ma i contenuti del film sono molto blandamente erotici, almeno per gli standard attuali) e anche per l'inevitabile nostalgia di quell'epoca "povera e felice", nella quale bastava qualche battutaccia greve, la parlata burina del comunque bravo Pippo Franco e un po' di tette al vento per divertire la gente e riempire le sale. Purtroppo, però, obiettivamente i meriti dell'Ubalda si fermano all'indiscutibile simpatia che il film di Laurenti promana: la sua comicità è volgare, ma non è manco quello il problema, il guaio è che la pellicola è invecchiata male, le gags sono fiacche e ripetitive, la sceneggiatura è noiosa e scontata, il ritmo lentissimo, i motivi d'interesse francamente modesti e perlopiù limitati ai nudi (mai integrali) di una splendida e sensualissima Edwige Fenech (di straculto la lunga sequenza onirica della corsa tra i campi a seno nudo) e di una prosperosa Karin Schubert in versione pre-hard. Due stelle... oltre non me la sento proprio di andare.
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