Regia di James Franco vedi scheda film
James Franco è bello, onnipresente, e, se non colto, desideroso di conoscere, informarsi, trovare nuove forme espressive e visive per rappresentare i classici e in generale le opere che lo attirano. Dal 2005 ad oggi ha diretto come regista circa dodici film tra corti, sperimentali e veri e propri film di narrativa, autobiografie (Sal), adattamenti da opere letterarie. Per non parlare delle molteplici interpretazioni che lo hanno visto impegnato come attore, spesso protagonista, con i migliori registi del momento. Questa trasposizione da Faulkner, presentata a Cannes 2013 al Certain Regard, non è nemmeno l'ultimo film da regista in ordine cronologico, perché il giovane ed instancabile attore ha altresì adattato (e presentato a Venezia in Concorso) l'opera breve di Corman Mc Carthy "Child of God", suscitando clamori, emozioni contrastanti, repulsione e pure qualche apprezzamento al Lido. E' stato questo ultimo, l'anno "veneziano" di James Franco, la cui effigie regnava ovunque: pure su intere facciate di palazzi come testimonial-adone di una nota marca di occhiali da sole. Sarà tutta questa disinvoltura con cui l'autore passa da un film commerciale e per famiglie della Disney (penso a Oz), a dirigere un docu-fiction omosex sui minuti scomparsi perché tagliati a Cruising di Friedkin ("Interior. Leather Bar" codiretto con Travis Matthews), ad interpretare il ruolo di un laido spacciatore in Spring Breakers di Harmony Korine, a quello di regista impegnato teso alla trasposizione di opere non certo facili da tradurre sul grande schermo. Sta di fatto che questo Franco-prezzemolino molti lo snobbano: lui se ne infischia (giustamente ed orgogliosamente) e procede imperterrito con la sua multiforme e variegata carriera.
La trasposizione del non facile romanzo di Faulkner "Mentre morivo" mi sembra interessante, tutto sommato riuscita nonostante certe sfrontatezze evidenti: su tutte la scelta insistita di dividere in due lo schermo e rappresentarci la stessa azione sotto due punti di vista; un vezzo che riesce a pochi grandi autori come Greenaway anche per tutto un film (penso a "I racconti del cuscino"), ma che qui appare un pò eccessivo. La vicenda tragica del viaggio durato ben dieci giorni per la sepoltura di una madre e moglie della famiglia di umili braccianti agricoli Budren (un padre e cinque figli di varie età, quattro maschi e una femmina) è raccontata efficacemente come un'epopea della disperazione e della putrefazione (quella del cadavere che i disperati si portano appresso per un lungo viaggio in carro da una contea dell'agricolo Mississipi, fino verso Jefferson dove la defunta desiderava essere lasciata alla terra). Siamo ad inizi '900 e il viaggio si trasforma in una tragedia senza fine: un'odissea che porta altre sventure (una ferita alla gamba trascurata che crea la cancrena a Cash, il figlio più grande, la perdita del cavallo adorato da parte del figliastro Jewel per poter proseguire il viaggio; la fine in manicomio di Darl, il diverso (è lo stesso Franco ad interpretarlo efficacemente), colpevole di conoscere la vera storia della gravidanza della sorella Dewel; per non parlare dell'odissea di quest'ultima che, nel tentativo di abortire segretamente, finisce per prostituirsi. La vita è dura, ma quando tutto sembra perduto ai sopravvissuti basta la realizzazione di un piccolo sogno (come mangiare le banane), basta rifarsi la dentatura, che tutti i dispiaceri sono messi da parte. Il vecchio Anse (interpretato da uno straordinario Tim Blake Nelson, veramente strepitoso con i suoi tic, la sua bocca sporca sempre volgarmente spalancata su una rastrelliera di denti marci e fetidi), una volta tenuto fede alla promessa della moglie, troverà la soddisfazione di un vestito nuovo, una nuova dentatura, e persino una moglie nuova, acquisita con la stessa facilità e disinvoltura di una merce presso una qualsiasi drogheria. Girato come dicevo sopra con stile sin eccessivamente moderno e scomposto da molteplici inquadrature che rischiano di disorientare, il film di James Franco è a mio avviso un adattamento originale, riuscito e molto sentito da un autore fiero e coraggioso, che ha il pregio di buttarsi coraggiosamente e a capo fitto su opere certo più grandi di lui, con un ardore e una devozione che fanno dimenticare le inevitabili lacune ed ingenuità.
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