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Wajma (An Afghan Love Story)

Regia di Barmak Akram vedi scheda film

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La recensione su Wajma (An Afghan Love Story)

di alan smithee
8 stelle

Le leggi dell'uomo, inteso come individuo appartenente alla razza maschile, sono quelle che rovinano e compromettono il mondo, la sua convivenza pacifica, con guerre e massacri, ingiustizie e prese di posizione assurde. Leggi e dettami che la specie dominante, quella maschile appunto, da sempre e pressoché senza eccezioni, , attribuisce spesso al suo dio ed in suo nome, in nome dell'onore (altra brutta, bruttissima parola) condiscende e addirittura cosacra, avallando comportamenti che proprio la religione alla quale egli appartiene aborrisce e rinnega per principio. Wajma vive a Kabul, studia con profitto mentre il padre lavora fuori citta' e rischia quotidianamente la vita come sminatore, mentre la madre accudisce la casa contando sull'aiuto del fratello della givoane e di una nonna ancora attiva. Quando la ragazza si invaghisce di un cameriere poco più grande di lei, e si illude di aver trovato in lui l'amore della vita, si concede al ragazzo pensando di sposarsi poco dopo. Ma quando il furbetto la abbandona con la scusa che non la crede vergine, esplode il dramma, la furia; a cui segue la ricerca di una soluzione, riparatrice o giustizialista da parte di un padre sconvolto, infuriato e invasato da un dramma che potra', a suo avviso, rovinare per sempre il buon nome della famiglia. E allora botte, frustate, notti al freddo chiusa in cantina per la povera Wajma, mentre le donne, le uniche ragionevoli, cercano di far rinsavire l'uomo di casa e farlo tornare alla ragione. Costui arriva persino a consultare un legale di fiducia per sapere se è lecito per un padre uccidere l'uomo che ha ripudiato la figlia dopo averla compromessa. E in una Kabul resa immacolata da una neve che cade insistente senza riuscire a seppellire vecchi retaggi di una religione che porta violenza, morte e dunque tutto il contrario di cio che predica, si consuma un calvario come tanti altri, una tragedia familiare che si risolverà in un aborto reso possibile da un  espatrio in India. Tornerà Wajma dal suo carnefice-padre? Dall'amato che l'ha ingannata per così tanto tempo? Le auguriamo di no ovviamente. L'opera seconda di Barmak Akram indigna nel filmare, con esemplare e coraggiosa lucidità,  la dura realtà quotidiana con un occhio disincantato e critico, che tuttavia documenta senza prendere posizioni: quelle rimangono scontate ed evidenti, almeno dinanzi all'occhio occidentale, non certo esente da responsabilità del medesimo genere e dunque dal punto di vista etico ed umano, nel passato, ed forse ancor oggi, dopo che una certa laicita' tutt'altro che eretica, ha indubbiamente contribuito ad aprire non poco le menti e gli orizzonti, ancora invece così chiusi ed ermetici laggiù verso levante.

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