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Sin City - Una donna per cui uccidere

Regia di Frank Miller, Robert Rodriguez vedi scheda film

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La recensione su Sin City - Una donna per cui uccidere

di genoano
2 stelle

Iperduri di carta dal monologo facile, ultraviolenza insensata, superpupe che si atteggiano tipo "Quel gran pezzo dell'Ubalda". Il più grande peccato della "Città del peccato" è un sequel tutto eccessi e niente idee.

Il duo registico-fumettistico alla direzione del film ripropone l'impianto visivo del primo capitolo, che sopperiva con l'originalità degli effetti a un racconto non molto ispirato, ma la qualità delle storie di questo sequel cala ulteriormente, sconfinando ampiamente nel terreno del ridicolo. Forse i due se ne sono resi conto e hanno puntato, per compensare tanta bruttezza, sulla bellezza dei nudi femminili presentati con insistenza, secondo l'abile tecnica cinematografica di "Quel gran pezzo dell'Ubalda". La mirabile Eva Green riesce (eccome se ci riesce) a distrarre/ipnotizzare lo spettatore come una bellissima assistente del mago durante il gioco di prestigio, ma il mago forse si fa distrarre pure lui e il trucco non riesce; non sono per niente riusciti neanche i monologhi hard-boiled degli iperduri di carta, che vorrebbero essere tremendamente seri e incisivi ma risultano a volte involontariamente comici, simili a quelli dello spassosissimo Frank Drebin di Leslie Nielsen nel capolavoro parodistico "Una pallottola spuntata". Quella del giovane giocatore di poker è forse la vendetta più sciocca della storia del cinema. .. contento lui! Che dire? Il vero peccato di questa "Sin City" è di essere un seguito che non ha niente di nuovo da dire, la ricerca di un facile successo perseguita con un cinismo degno dei protagonisti del film. 

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