Regia di Ben Stiller vedi scheda film
L’immaginazione al potere e il potere delle immagini. Ed è proprio a un immaginario sconfinato, allo stesso tempo pop e ricercato, che s’ispira Ben Stiller, qui produttore, regista e interprete. Partendo dalle suggestioni contenute nel racconto omonimo di James Thurber, che Hollywood aveva già portato sul grande schermo nel 1947 con Danny Kaye in Sogni proibiti di Norman Z. McLeod, Ben Stiller da una sceneggiatura di Steve Conrad (The Weather Man - L’uomo delle previsioni di Gore Verbinski, qui produttore esecutivo) costruisce un film che riflette sulle nostre vite divise tra analogico e numerico, tra esperienza diretta e virtuale. Così le incredibili avventure di Walter Mitty, la ricerca della felicità (lo script del film di Muccino è sempre di Conrad), l’incontro con Sean Penn il fotografo che ancora usa la pellicola, la chiusura del settimanale “Life” in cui Mitty è a capo dell’archivio fotografico dei negativi, i momenti in cui il protagonista s’incanta e immagina un’altra vita, non sono altro che la rappresentazione del passaggio epocale all’era digitale con gli algoritmi per cercare l’anima gemella e i numeri che cancellano i lavoratori. Non è un film perfetto (alcune sequenze, come quella digitale del surf sull’asfalto di New York, non sono ben calibrate) ma è un’opera che nasconde sotto una superficie apparentemente ingenua ed elementare, come ci ha sempre abituato l’immensa maschera attoriale di Stiller, la quintessenza del cinema.
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