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I sogni segreti di Walter Mitty

Regia di Ben Stiller vedi scheda film

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La recensione su I sogni segreti di Walter Mitty

di M Valdemar
4 stelle

Immerso nelle terre selvagge dei sogni ad occhi aperti, della nostalgia a scatola chiusa, e dell’incanto sempre e comunque/dovunque, l’ape operaia Walter Mitty indossa il grigiore di tutti i giorni e della “normalità”, in serio pericolo per l’avvento di spietati barbuti tagliatori di teste. Finché, per inseguire la quintessenza della vita immortalata su pellicola dal geniale irraggiungibile fotografo Sean O’Connell - lo scatto 25 - smette i mosci panni e si tuffa a perdifiato nei più incredibili luoghi del globo.
Il luogo fisico che diventa stato della mente.
Missione compiuta, per il compito Ben Stiller che svolge il compitino del film costruito per “piacere”. E come possono non piacere i pazzeschi sublimi panorami (si passa dalla Groenlandia all’Islanda alle vette himalayane), la rivincita dell’uomo medio ma sognatore sul boss potente ma impotente (perché non conosce né può quindi accogliere il senso del motto di Life, della vita), i personaggi bizzarri che rispondono a stereotipi precisi e per nulla inaspettati, la figura dolce di Kristen Wiig (potenziale comico buttato a mare), Sean Penn special guest che illumina la scena come pochi (oltre a infondere un’anima “autoriale”), e Space Oddity di Dadid Bowie in scaletta?
Domande retoriche per una parabola assai retorica, intrisa di momenti e situazioni ad elevato - ma del tutto convenzionale - grado “emozionale”, di “bellezza” profusa in quantità industriale spacciata per brezza poetica, di intermezzi avventurosi (onirici o reali che siano) sparati ad alta velocità per spezzare la nenia lirica da karaoke ebbro.
Diluito per “dovere” (le due ore sono un marchio di garanzia di impegno e serietà), il film si abbevera alla fonte inestinguibile della carineria estetica e sonora nonché didascalica (nulla ci viene risparmiato: pensieri, parole, desideri, soffici musiche d’accompagnamento, impressioni e sovrimpressioni) col chiaro intento di “mietere” vittime; ed attestandosi su un registro brillante e fortemente intimista con ricercato enfatico passo lieve, riflessivo, pedante, persino mistico. Finendo così per disperdere la propulsione briosa (vedasi la sequenza dell’esilarante parodia de Il curioso caso di Benjamin Button, probabilmente l’unico picco di autenticità da parte di Stiller) in un magma di gradevole, “complessa” semplicità dai toni misurati, dalla moralina edificante e dalla “inattaccabile” lieta - ma studiatamente trattenuta - conclusione.
Ambizioso e “delicato”, The Secret Life of Walter Mitty (la traduzione italiana è al solito ammiccante) è, banalmente e mestamente, convenzionale. Ed il suo diligente regista/attore, troppo poco ispirato, in definitiva inadatto.

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