Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Gli ultimi 10 anni di vita (quelli che vanno dal 1977 al 1987) di Valentino "Lee" Liberace (Douglas), pianista, showman, quintessenza del kitsch pre-glam rock più spericolato, avidissimo cultore di sé stesso. Il suo narcisismo sconfinato e ipertrofico lo spinse a cercare di trasformare i suoi discepoli in mascheroni liftati che potessero somigliargli il più possibile. Ed è proprio a partire dalle memorie autobiografiche di uno di questi, Scott Thorson (interpretato da un trasformatissimo Matt Damon), che viene raccontata la storia vista costantemente sempre dalla quinta fila, in un pendolare continuo tra pubblico e privato, tra paillettes e maggiordomi rigorosamente in livrea, case faraoniche traboccanti vezzosità opulente e candelabri rigorosamente poggiati sui pianoforti. Scartati uno dopo l'altro come cioccolatini, tra i giovanissimi amanti di Liberace anche Scott, orfano e aspirante veterinario, fece la stessa fine, inciampando come tutti nel cinismo canagliesco e legalmente ferratissimo del più gigione degli animali da palcoscenico.
Soderbergh imprime spessore fisico, corpo, chirurgia estetica cafonissima e sudore da accoppiamenti prolungati (pare che, in anticipo sui tempi, Liberace si fosse fatto impiantare una protesi proprio lì) a un'opera frizzante, prodotta dalla televisiva HBO (in America è andato direttamente sul piccolo schermo), servita da un Michael Douglas troppo vecchio per il personaggio ma in forma smagliante, versione americana del Michel Serrault de Il vizietto, e da un Matt Damon orrendamente trasformato dai truccatori che ne hanno simulato i lifting. Un divertissement nel quale l'interpretazione è il vero centro di gravità.
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