Regia di Hélène Cattet, Bruno Forzani vedi scheda film
Cattet e Forzani insistono sui rumori innanzi tutto, sul suono che stride, crea orrori che si percepiscono ancora prima di essere visibili, in un crescendo di tensione che è lo stato d'animo di una persona vittima della propria ansia, ed incapace di gestire una fisicità prorompente che ha sempre costituito un ostacolo, giustificando la fuga.
L'inizio...e la fine: in tre capitoli concitati e da incubo, il talentuoso duo registico franco belga Cattet e Forzani ci racconta una storia di donna afflitta, soggiogata, e poi vonta definitivamente dalle proprie paure, dagli orrori che la tengono viva, facendole scoprire i misteri di una vita sempre tesa a fuggire da pericoli mortali o comunque minacciosi e letali.
Ana raggiunge coi genitori la villa del nonjno appena deceduto: ai genitori interessa più che altro l'eredità. Alla bambina, paralizzata e al tempo stesso ossessionata dei misteri di una casa che sembra abitata dagli spiriti, interessa osservare e scoprire, assaporando il piacere del mistero e degli orrori che si annidano in ogni angolo della magione sperduta in un parco adiacente al mare.
Rincontriamo Ana cresciuta, un teenagers bella e desiderata, tenuta sempre appresso ad una madre spigolosa che non la perde di vista. Sola e senza amici, la ragazza sente il bisogno di essere desiderata carnalmente, e gli sguardi che la spogliano e quasi la violentano la fanno sussultare di tensione, ovvero di piacere.
Infine Ana torna, ormai sulla trentina, a riprendere possesso della villa, ormai in stato di abbandono. Entrando nel parco per raggiungere l'ingresso principale, una serie di ostacoli urticanti o contundenti si impossessano del suo corpo lasciandone quasi indelebili i segni come stigmate (la scena più sorprendente, tra le molte notevolissime del film).
Gettate via le bambole di un'infanzia tutto fuorché serena, Ana si appresta a prendere possesso della magione.
Ma un intruso la desidera non meno di quanto gli uomini, che la annusano come animali in calore, la pretendono come dinanzi ad una preda da fare propria a discapito degli altri agguerriti e non meno tenaci concorrenti, hanno sempre desiderato possederla: dovrà lottare per sopravvivere, anche se al destino non si comanda, soprattutto quando una ossessione di persecuzione le fa vedere solo ciò che ella immagina della realtà.
Anche quanto tutto sarà finito, anche da cadavere, inerte ma ugualmente seducente, dovrà sopportare di essere manipolata e forzata a fare ciò che gli altri vogliono, anzi pretendono da lei.
Amer, come "amaro", probabilmente, come il fiele che anima e percorre le vene di chi costantemente la minaccia, è un diario intimo in tre tappe di una ossessione che porta all'autodistruzione.
Cattet e Forzani insistono sui rumori innanzi tutto, sul suono che stride, crea orrori che si percepiscono ancora prima di essere visibili, in un crescendo di tensione che è lo stato d'animo di una persona vittima della propria ansia, ed incapace di gestire una fisicità prorompente che ha sempre costituito un ostacolo, giustificando, anzi incoraggiando la fuga.
Una grande lezione di regia, questo Amer, un film eccezionale che utilizza gli effetti sonori con la stessa cura e maniacalità con cui costruisce scene perfette di tensione, riuscendo a raffigurare in un volto, quello di Ana nelle sue varie età, le sfaccettature più intime dell'orrore.
Peccato vedere solo ora questo ottimo Amer, avendo affrontato in precedenza (era in concorso a Locarno un paio di anni orsono) il successivo, interessante, ma non così riuscito ed appassionato "L'ètrange couleur des larmes de ton corps", tecnicamente notevole pure quello, ma sin troppo costruito e compiaciuto in assenza di una storia potente e personale come questa.
Un cigolio di una porta, il rumore di un osso che si spezza, il respiro affannoso e soffocato di un'ansia che cresce sino a far sentire il battito cardiaco, lo stridore dei denti rigati dalla lama di un coltello, un pomo d'Adamo di una vittima sfondato dalla punta acuminata dell'assassino; le lacrime, pure in questo primo film, raccolte con perizia ed accuratezza dallo psicopatico sulla lama del coltello, e riversae sulla ferita appena lacerata per farne aumentare il bruciore.
Un sadismo esasperato, le emozioni di una persona malata che neppure da morta riuscirà a trovare una pace che pare abitare altrove.
Tre protagoniste diversamente belle, dai tratti alterati dall'espressione di una inquietudine che è la sola costante di una vita perduta nell'ansia e nell'esaperazione di scoprire sempre nuovi tasselli di una vita capace solo di celare orrori.
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