Regia di Hélène Cattet, Bruno Forzani vedi scheda film
Ana (Cassandra Forêt) è una bambina troppo curiosa ed imprudente per vivere serena nell'ambigua villa di famiglia, al cui interno vaga una misteriosa figura femminile in nero e giace su un letto il cadavere di un vecchio.
Nonostante i rimproveri della madre (Bianca Maria D'Amato), la piccola continua ad infilare lo sguardo nel buco della serratura, metaforicamente e non: cerca così di sottrarre un orologio da taschino dal cadavere del vecchio e sorprende i genitori nel pieno di un amplesso sessuale...
Ana (Charlotte Eugène Guibeaud) è una procace adolescente, silenziosa ma con mani e occhi che puntano nelle direzioni giuste, col suo vestitino cortissimo e col suo cappello di paglia sottile. Cammina per una solitaria e assolata strada della riviera con la madre al suo fianco; poi l'incontro con una gang di nerboruti motociclisti...
Ana (Marie Bos) è una signora adulta che fa ritorno alla villa che la terrorizzava quand'era bambina. Sempre perversa, fra “giochi” con un pettine e fantasie su un vestito da potersi strappare solo con il vento, Ana subisce un'aggressione inattesa...
È una coppia nella vita e nel lavoro quella formata da Hélène Cattet e Bruno Forzani, cineasti belgi all'esordio nel lungometraggio dopo essersi cimentati in parecchi corti. “Amer”, presentato nel 2009 al Fantastisk Film Festival di Lund, è un film molto particolare; è un dichiarato omaggio al giallo all'italiana anni '70, con richiami chiarissimi a Mario Bava (gli studi cromatici in primis, ma pure la bambina che ruba l'orologio al cadavere ricorda da vicino l'ultimo episodio di “I tre volti della paura”), al Dario Argento di “Suspiria” (ma c'è spazio anche per una citazione di “Profondo rosso”), alle zoomate improvvise proprie di Sergio Leone e Lucio Fulci, senza contare un atteggiamento molto depalmiano: la forma è tutto o quasi.
Infatti manca una sostanza intesa in senso classico: i dialoghi si contano sulle dita di una mano, non c'è una trama se si esclude un labile filo conduttore, i personaggi sono avvolti nel mistero quando non nell'anonimato; alla fine è un vero e proprio video-esperimento di difficile fruizione, un'esasperazione della struttura e degli intenti del cortometraggio, una ricerca stilistica continua che, pur molto citazionista, svela una certa classe, riversata soprattutto in una prima parte molto promettente.
Le aspettative, purtroppo, si sgonfiano in un intermezzo (quello con l'Ana adolescente e provocatoria) superfluo, dedito ad una libidine quasi volgarotta, “pesante”, ripetitiva, che però lascia spazio ad una parte finale (la più lunga) che ricomincia a giocare con la tensione, a tratti col non-sense e con lo spettatore stesso, mentre la colonna sonora, sempre presente e “di richiamo” anni '70, e il montaggio forsennato concorrono alla conferma degli innegabili pregi di quest'opera.
Il primo lungometraggio di Forzani e della Cattet dev'essere considerato, come spero sia, un buon punto di partenza: i due dimostrano con “Amer” di aver assorbito magnificamente le lezioni, a lungo bistrattate, del thriller all'italiana e di poter dirigere benissimo un film di genere. Dando loro una buona sceneggiatura, se ne potrebbe ricavare una chicca...
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