Regia di James DeMonaco vedi scheda film
Raramente mi è capitato di vedere un film così stupido. Banale e ipocrita. E dire che sono un monnezzaro.
La notte del giudizio prende in prestito un’idea già sfruttata da Rollerball (1975) affresco socio politico in chiave spettacolare dell’utopia della rimozione della violenza dalla società . Una società distopica che trova lo sfogo dalle pulsioni violente in templi ad esse dedicate. Lo stadio del Rollerball, gioco violentissimo dove è permessa, quando non agevolata, la morte come atto catartico e supremo sacrificio alla causa comune: la pace.
Un altro rimando è Cane di Paglia (1970) di Sam Peckinpah, un film sull’assedio nel quale la casa diventa il luogo sacro da violare per ristabilire regole arcaiche di società rimaste latenti allo stato tribale. Spruzzi di Arancia Meccanica (1973) e un po’ di Rambo (1982)
Una notte all’anno gli USA del 2022 permettono ogni genere di crimine, omicidio compreso, dalle sette di sera alle sette di mattina. Questa finestra sull’abisso dovrebbe lenire le tensioni del popolo così da preservare una società divenuta – a sentir loro , i Padri Fondatori - civile e libera da ogni violenza. Non c’è disoccupazione, sono tutti felici e ricchi. Tranne i poveri, che diminuiscono a vista d’occhio , guarda un po’ la coincidenza, durante la Notte del Giudizio che serve in realtà a sfoltire i poveracci. Oltre che a regolare conti personali, invidie e rancori pazientemente accumulati durante l’anno dai pacati cittadini borghesi.
La messa in scena della politica della violenza esige fermezza e distacco dagli eventi invece la meccanicità di questo pastrocchio che spende un tempo intero per fissare nella testa dello spettatore la distopia politica dell’omicidio legalizzato come SFOGO (così è chiamato) delle pulsioni animali, è disarmante.
Verboso e didascalico, è opportunista nello strizzare l’occhio allo spettatore mettendo in scena prima l’accettazione della violenza a scopo lenitivo facendo risaltare l’assurdità della trovata sociale per stabilire l’ordine e favorendo il biasimo del pubblico per l’uso di quella violenza , salvo poi imbracciare le armi a difesa dello status e accidentalmente anche del nigger intrufolatosi nella casa fuggendo da giustizieri mascherati. Quindi l’uso della violenza buono e l’ uso della violenza cattivo è distinto solo se questa violenza intacca i cazzi tuoi. Ecco allora il buon padre di famiglia che da pavido borghese sostenitore del Sistema, si trasforma anzichenò in un Rambo domestico per fronteggiare l’orda estranea al desco famigliare che vuole fargli il giusto culo per aver nascosto una vittima predestinata dello SFOGO annuale.
Se fosse così, fascistoide, sarebbe meglio. Ma il film è ruffiano da vomitare e alla fine, in un ulteriore salto di sceneggiatura, il duro J’accuse all’uso delle armi viene stemperato in un sciocco finale da commedia nera che attende solo il plauso dello spettatore, felice che tutto sia finito benino.
Oltre a queste considerazione, c’è la gestione del campo di battaglia domestico, dove immancabilmente, quando un famigliare è in pericolo di vita arriva sempre qualcun altro a salvarlo all’ultimo momento. Banalità da cinema action, personaggi scontornati con il pennarello grasso - fanno a gara il padre di famiglia, un Ethan Hawke ai minimi termini e il capo degli assedianti, un ammiccante, sovra recitato esponente della gioventù perbene che ha visto troppe volte Arancia Meccanica senza capirlo affatto – e nonostante il tema forte, un continuo vorrei ma non posso se non addirittura un colpevole potrei ma non oso che tracima nella sensazione fastidiosa dell’ oserei ma che diranno poi…… potenzialità del soggetto tradite e sospese nell’ambiguità della pruderie o di manifesta incapacità di gestire una storia scomoda. Patetico il confronto con le immagini di vera violenza urbana , disturbante e annichilente, espressione del vuoto contemporaneo mostrate sui titoli di testa con la rassicurante violenza plastificata e posticcia della messa in scena. Vorrebbe farsi catarsi ma rimane uno sterile esercizio di misero mestiere di pose da film thriller di quart’ordine.
La notte del giudizio, cavalcando la crescente onda della condanna sociale all’uso indiscriminato delle armi, vuole essere anche un diorama dell’America contemporanea che accetta la violenza a fin di bene quando è fuori dai suoi confini ma non sa gestire la falsa libertà dei propri cittadini, impauriti, ignoranti, capaci di detenere armi da guerra per difendersi da nessun nemico se non dai propri simili.
Ma non funziona affatto questo film, il messaggio che vuole dare è annichilito da una messa in scena ridicola, la violenza non è ne’ radicale come nei film di genere, né si eleva mai a metafora. Si compiace dell’esibizione di quella violenza che vorrebbe condannare tentando un maldestro messaggio moralista per far avanzare una storia gestita male, pasticciata nella forma, recitata con le mossette e le facciotte. Prodotto estivo da dimenticare in fretta.
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