Regia di James DeMonaco vedi scheda film
Lo spunto di partenza di “The Purge” è accattivante quanto allarmante: nel solito futuro piuttosto imminente, i padri fondatori del nuovo diritto costituente hanno appurato e verificato che, per risolvere i sempre più impressionanti casi di violenza verso il prossimo, che portarono al riempimento delle sedi carcerarie e al collasso della gestione dei processi e delle misure cautelative, il fatto di concedere all’umanità indistinta qualche ora concentrata una volta all’anno in cui poter sfogare liberamente e legalmente ogni proprio basso istinto di sopraffazione, avrebbe procurato nel resto dell’anno un rafforzamento della coscienza e dei valori di pacifica convivenza e rispetto del prossimo. Per questo motivo viene istituita una ricorrenza annuale di dodici ore (dalle 19 di sera alle 7 del mattino dopo) in cui ogni cittadino può legittimamente dare sfogo ai propri istinti senza pericolo di incorrere in conseguenze giudiziarie o penali. Il provvedimento, una vera e propria “purificazione” degli istinti (come da titolo originario) acquisisce negli anni un valore civico che viene condiviso all’unanimità anche dalla popolazione più integerrima e responsabile, e pare portatore di ottimi e concreti risultati sul mantenimento di una certa mansuetudine tra la popolazione, diversamente in preda a crisi di violenza divenute incontrollabili ed ingestibili dalle forze dell’ordine.
La nuova ricorrenza consente tra l’altro ad alcuni individui, e fra questi al nostro intraprendente protagonista, di arricchirsi con la vendita di strumentazioni divenute indispensabili: nel nostro caso dispositivi di sicurezza domiciliari, ormai basilari per superare indenni la notte dello sfogo collettivo.
La interessante premessa mantiene una certa vitalità di stile ed intenti anche quando il film comincia a descriverci i momenti di inizio della notte del giudizio, quella in cui l’azione di violenza viene giustificata ed accettata come un modo efficace per placare gli istinti in tutto il restante periodo dell’anno: i vicini agiati dei protagonisti che affilano le armi da taglio, i coniugi Sandin che si preparano ad attivare le linee di difesa sofisticate commercializzate dallo stesso capofamiglia, la moglie del protagonista che riceve un piccolo pensiero dalla garbata vicina di casa invero piuttosto insidiosa e supponente, che le spiattella amorevolmente tutto l’astio e l’invidia nei confronti di suo marito per i soldi che costui si è guadagnato spennando tutto il vicinato con i suoi sistemi anti-intrusione. Via via però che la vicenda prende avvio e la sceneggiatura si sofferma sugli altri membri della famiglia, cioè sui figli e sull’atteggiamento protettivo dei genitori su costoro, ecco che il film acquisisce quella convenzionalità e piattezza di situazioni che dalle premesse pareva poter essere evitata. Inoltre la caratterizzazione del vicinato, degli invasori mascherati col ghigno malefico, porta alla mente illustri e ben meglio caratterizzati personaggi (i vandali di Arancia meccanica, il duo di assassini di Haneke in Funny Games, ma anche i misteriosi aggressori di Distretto 13 le brigate della morte) di celebri capolavori a cui questo curioso esordio non riesce davvero a tendere. Peccato perché il riaffiorare di problematiche legate al razzismo (lo sfogo non può che dirigersi principalmente contro chi non si può difendere, e gli indigenti, tra i quali guarda caso emerge un individuo di colore che si introduce nella casa della nostra famiglia su intervento istintivo e caritatevole del figlio della coppia, vengono braccati fino allo sfinimento) e alla sopraffazione delle classi più economicamente deboli sembrava funzionare davvero, catapultandoci in un nuovo medioevo di barbarie premeditate che è il peggiore degli incubi immaginabili. Ethan Hawke si conferma il bravo e serio attore che seguiamo sin dai tempi de L’attimo fuggente; molto meno convincente il resto della famiglia, figli in testa, legati a situazioni banali viste mille volte che sviliscono il filo conduttore di una trama diversamente piuttosto accattivante.
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