Regia di James DeMonaco vedi scheda film
Buono e davvero originale il soggetto di «The Purge-la notte del giudizio»: in un futuro molto vicino al nostro presente (2022), il problema della criminalità viene contrastato con successo introducendo per una volta all'anno «la notte dello sfogo».
Per 12 ore, dalle 19.00 della sera fino alle 7.00 del mattino seguente, omicidi, stupri, furti e ogni tipo di violenza vengono ammessi senza essere perseguiti penalmente. Autoambulanze, vigili del fuoco e qualsiasi tipo di intervento di aiuto è sospeso, vige la legge del «senza legge», in modo che la violenza, l'odio e la frustrazione repressa per un anno possano essere sfogati senza problemi di eventuali processi, disordini o arresti.
La famiglia Sandin è benestante, il capofamiglia James vende con successo sistemi d'allarme per le abitazioni, e proprio grazie alla notte dello sfogo ha raggiunto un bonus molto ricco vendendo ai vicini di casa sistemi sempre più moderni e sicuri per proteggersi dagli attacchi di violenza.
La moglie Mary vive con un po' di disagio questo momento di agiatezza, la figlia Zoe di diciotto anni vive un amore contrastato dal padre, e il figlio più piccolo non comprende bene la necessità dell'esistenza della notte dello sfogo, e si isola in un nascondiglio tutto personale costruendo robot casalinghi capaci di muoversi per la casa in modo silenzioso.
Sarà proprio il figlio a fare entrare di nascosto, durante le ore notturne di massima violenza, un senzatetto di colore che rischia il linciaggio da parte di un numeroso gruppo di ragazzi mascherati benestanti, che hanno scelto proprio lui come capro espiatorio per il proprio sfogo di violenza. Il loro sfogo si scaglierà su tutti i componenti della famiglia Sandin nel momento in cui capiscono non sono disposti a consegnarglielo come avevano promesso in un primo tempo.
L'idea di partenza del film è davvero buona, purtroppo non riesce a svilupparsi mai del tutto, mettendo troppa carne al fuoco, si brucia velocemente, bruciando però così anche le buone intuizioni di partenza.
Quello che dovrebbe diventare il colpo di scena finale è prevedibile dai primi minuti del film, i dialoghi sono molto semplici quasi didascalici, i personaggi abbozzati ricordano quelli delle buone serie televisive, la sufficienza viene conservata grazie ad alcune regole di regia e di narrazione che vengono rispettate (per fortuna): l'unità di tempo e di luogo ci sono, manca quella di azione, che si perde in cerca di un buon colpo di scena che purtroppo manca.
James De Monaco, al suo primo film, scrive e dirige un film coraggioso, con un messaggio politico forte: la tolleranza della violenza (e delle armi) per «proteggere» un certo tipo di società americana (quasi settaria) a scapito di un'altra meno agiata, per arrivare ad una casta privilegiata ed eletta, ma cosa succede quando il conflitto avviene all'interno della stessa classe sociale, quando a eliminarsi sono le «persone per bene»?
Purtroppo il coraggio del buon soggetto non viene supportato né dalla sceneggiatura (davvero elementare), né dalla produzione, che sembra quasi non fidarsi del giudizio dello spettatore e infarcisce così la storia di sicuri elementi (la famiglia perfettina nonostante alcune «ombre» iniziali) per far «trionfare» un certo buonismo interclassista di fondo non tanto credibile.
Un film dalle ottime possibilità, sfruttato male, con degli spunti di regia buoni (inquietanti le immagini dalle telecamere di sicurezza a circuito chiuso che inquadrano un mondo «rinchiuso fuori»), che sarebbe potuto (o voluto) essere un nuovo «Funny Games»-1997 e che invece rimarrà un thriller carino da guardare un sabato sera, d'inverno alla tv, quando fuori piove e fà freddo.
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