Regia di Jerzy Domaradzki vedi scheda film
Non è mai troppo tardi. Questo principio di antica saggezza si applica soprattutto all’amore e alla voglia di ricominciare. La terza età si coniuga, per cause naturali, alla perdita e al senso della fine, ma guardarsi indietro e coltivare la nostalgia è un modo per non stare fermi ad aspettare che il tempo cancelli tutto ciò che rimane. Il primo passo del cammino verso la rinascita può essere compiuto anche a ritroso, l’importante è che sia accompagnato dalla fede in qualcosa che è stato bello ed importante, e per questo merita di essere mantenuto vivo nel cuore. Barbara ha appena dato l’estremo addio al suo Edward, il pittore del quale si era innamorata da ragazza: un uomo che allora era sposato, e per il quale aveva abbandonato la famiglia e sfidato i pregiudizi del mondo. Dopo una vita passata insieme a lui, adesso si ritrova senza più un tetto né un soldo: non avendo mai regolarizzando la sua posizione con un matrimonio, non ha diritto all’eredità, e la figlia di lui l’ha letteralmente cacciata di casa. Di una cosa sola Barbara è riuscita segretamente ad impossessarsi: è l’urna delle ceneri, che il guardiano del cimitero, dietro un lauto compenso, ha impedito venissero sepolte nella tomba di famiglia. Quell’oggetto racchiude per lei tutto lo scopo da dare ai giorni che seguono: la sua prossima – e forse ultima – missione è riportare i resti di Edward nel luogo del loro primo, fatale incontro. Barbara, però, non vi si può recare da sola, visto che non sa guidare. Per questo motivo si affida a Wiktor, un anziano ex minatore che fa il tassista, ed è in procinto di ritirarsi e vendere la sua automobile. Quel viaggio sarà, per entrambi, un’avventura inedita e dai risvolti inaspettati: Wiktor, una volta giunto a destinazione, potrà per la prima volta vedere il mare, mentre Barbara scoprirà che il posto dei ricordi può essere il punto di partenza per un futuro diverso. Il tutto avverrà in maniera graduale, senza artificiosi picchi di emozione o improbabili accelerazioni narrative. I due protagonisti, pur essendo, ognuno a suo modo, spiritosi e determinati, non possiedono più la freschezza e l’audacia tipiche della gioventù. Il passare degli anni li ha resi adattabili, ma anche umorali, dotati di una curiosità sempreverde che, però, è inevitabilmente velata da un sottofondo di rabbia e di paranoia. I loro caratteri graffianti faticano ad entrare in sintonia, ma forse, alla fine, sono proprio le alterne armonie delle loro rispettive intolleranze a dare vita ad una melodia da cantare insieme. In fondo, anche in senso letterale, è la musica il principale elemento che al contempo li unisce e li divide: lei è una pianista dalla solida cultura, lui un semplice trombettista dilettante che suona ai funerali e nei circoli ricreativi. Nel duetto, le due voci si collocano su tonalità diverse, come le solitudini dei due interpreti, che prendono entrambi la vita di petto, ma l’uno con scanzonata fantasia e sportività, l’altra con un cupo impeto sentimentale. Si dice che gli opposti si attraggano. Ma qui la complementarità non c’entra. Ad un certo punto dell’esistenza, aver bisogno dell’altro non nasce più da un istinto di completamento. A spingere Barbara tra le braccia di Edward sarà, al contrario, la consapevolezza che, quando ormai si è vissuto, le differenze svaniscono, perché l’incertezza e la tensione dell’inesperienza hanno ceduto il posto alla definitiva chiarezza di tante amare conclusioni. La quinta stagione dell’anno è il capitolo in più, che si aggiunge in fondo al libro quando la storia è conclusa, solo per spiegarne il significato. E per dire, con sobria poesia, che, nell’ora del tramonto, la luce si posa uniforme su tutto, tingendo ogni cosa dello stesso bruciante colore.
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