Regia di Spike Jonze vedi scheda film
Theodore si innamora di un sistema operativo con intelligenza artificiale, che si è autoattribuito il nome di Samantha e ha la voce di Scarlett Johansson (nella versione italiana è quella allegramente sensuale di Micaela Ramazzotti). Theodore vive una vita grigia e vuota, sta divorziando dopo molti anni di matrimonio e il suo lavoro consiste nello scrivere lettere d’amore per conto d’altri: se si aggiunge che frequenta chat erotiche e si trastulla con videogiochi interattivi si capisce bene perché, essendo così abituato al mondo virtuale (o meglio, disabituato a quello reale), gli viene naturale rapportarsi con una macchina, tanto più se questa simula perfettamente i comportamenti e le emozioni umane. Spike Jonze supera di slancio il barocchismo un po’ gratuito di Essere John Malkovich e Il ladro di orchidee, guadagna in umanesimo e realizza un film che ricorda quelli di Andrew Niccol (pur senza le sue implicazioni sociologiche): ambientato in un futuro vicinissimo, così vicino che sembra di esserci già dentro, racconta una storia d’amore intensa e credibile; una storia nella quale, paradossalmente, si ripetono i medesimi meccanismi malati che incrinano le relazioni fra le persone. Mi aspettavo la rivelazione finale che dietro Samantha ci fosse in realtà l’ex moglie scrittrice o l’amica programmatrice, ma anche la conclusione malinconica scelta dal regista ha un suo perché.
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