Regia di Spike Jonze vedi scheda film
C’è una storia che mi piace ricordare qui. In cerca di nuove idee per i suoi film, il grandissimo Billy Wilder prese l’abitudine di tenere sul comodino al fianco del letto, un blocco e una penna. L’idea era quella di trascrivere i sogni prima che svanissero. Una notte il grande regista sognò la più grande e potente e meravigliosa e straordinaria storia d’amore che avesse mai immaginato. Costringendosi a svegliarsi, trascrisse velocemente e in dormiveglia il concept di quel sogno sul blocco e si riaddormentò felice. La mattina, appena sveglio, prese il foglio di carta che conteneva quella storia meravigliosa e lesse ciò che aveva scritto la notte prima: “Ragazzo incontra ragazza”. Può sembrare una banalità, eppure tutte le storie d’amore, anche le più belle, nascono allo stesso modo, siamo solo noi a renderle grandi, a volte impossibili, troppo spesso complicate, ma tutte le storie d’amore hanno la stessa semplicissima matrice in comune: un incontro. Her non fa differenza e sostituisce ad un incontro tra due corpi quello tra due anime, avvicinandosi proprio per questo al punto centrale di ogni storia d’amore. Pellicola che vive su parecchi piani interpretativi ed espressivi, decidendo di raccontare un mondo fin troppo prossimo e per certi aspetti identico al nostro presente, Her racconta l’amore ai tempi dell’intelligenza artificiale e dell’emozione in carne, sangue e lacrime. Spiazza, conquista e commuove la solitudine che abita l’anima di un toccante Joaquin Phoenix, mentre scopriamo, lentamente ed inesorabilmente, che noi siamo lui e lui è tutti noi, uomini e donne smarriti nella ripetizione di giornate sempre uguali, nel disperato tentativo di trovare un senso, una direzione, forse l’amore. Il film non giudica mai il suo protagonista, immergendo lo spettatore in una storia romantica, più vera del vero, fatta di dettagli, frasi sussurrate, mezze bugie, silenzi, giochi, verità e parole pesanti come sassi, corollario perfetto per ogni storia amorosa. In questo scenario si muovono riflessioni sull’oggi e il domani, sulla solitudine dell’uomo, sulla sua dipendenza tossica da qualcosa di altro, sulla fragilità di un rapporto, mescolate ad intuizioni di regia a volte toccanti, a volte geniali, altre invece semplicemente sublimi. A Spike Jonze basta un’occhiata per raccontare un universo, un desiderio di maternità, la china rovinosa presa da un rapporto, affidando così le nostre emozioni nelle mani di un gruppo di personaggi verissimi e vivissimi, capaci di farci sentire più vicini gli uni agli altri, mentre i canoni del reale e dell’umano vengono ridefiniti dal palpabile splendore di Scarlett Johansson, ragazza-fidanzata-voce più fisica e materica di tante plastificate ed inespressive bambole fatte di carne ed ossa. E per una volta, questa volta, ci sembra davvero splendido crogiolarci e perderci in questo mare di solitaria e dolorosa solitudine, che riempie il nostro cuore ed i nostri occhi di un amore infinito, assoluto e puro.
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