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Lei

Regia di Spike Jonze vedi scheda film

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La recensione su Lei

di chinaski
8 stelle

In un futuro vicino, pieno di una luce tenue e soffusa, dai colori pastello, che illumina gli interni delle case, degli uffici, dove le città sono alti palazzi di vetro e metallo, le persone passano le une accanto alle altre senza guardarsi, senza parlarsi, scivolano vicine in uno spazio indeterminato, perché mai percepito come tale da chi vi si muove, c’è un nuovo spazio in cui la vita sembra rifugiarsi, uno spazio interiore e allo stesso tempo tecnologico, dove la comunicazione avviene con sistemi operativi dotati di una coscienza, è questo il prossimo gradino del nostro auto isolamento dalla realtà circostante, ora sono le continue discussioni con gli smartphone, poi saranno i dialoghi con qualcuno che non esiste fisicamente, una voce creata per i nostri bisogni e i nostri desideri. Theodore è uno scrittore di lettere (auguri, anniversari, biglietti d’amore), le scrive per gli altri, che useranno le sue parole per toccare il cuore di qualcuno, Theodore si è appena separato dalla moglie e per curiosità acquista il sistema operativo OS1, dopo la sua istallazione,  una voce femminile, Samantha, inizia a farsi strada nella sua esistenza, in sempre più situazioni; questa voce, con una sua intelligenza, diventa una presenza costante nelle giornate di T., i due si scoprono, condividono, finendo per innamorarsi. Spike Jonze conosce molto bene i territori emotivi in cui il suo personaggio si ritrova e li esprime attraverso flashback nella sua mente, i ricordi improvvisi di una storia d’amore finita, i dialoghi che continuano nella propria testa anche quando non c’è più nulla da dirsi, quei luoghi dell’anima in cui tutto ciò che è stato vissuto ancora ha i suoi echi e i suoi riflessi e poi ci sono gli occhi di J.Phoenix, che sono come un altro schermo su cui leggere le sue reazioni alle parole di Samantha, come se lei si manifestasse nel suo sguardo, diventasse reale nei movimenti e nei colori dell’iride ed è nella mancanza di contatto fisico tra i due (anche se in una sequenza Samantha cerca di diventare concreta attraverso il corpo di un’altra donna) che si manifesta una forma d’amore diversa, spirituale, perché nata da qualcosa di più profondo di una semplice attrazione sessuale.  Spike Jonze utilizza la tecnologia per esplorare la natura stessa dei rapporti tra uomini e donne, senza però condannarla, la fragilità dei sentimenti trova  una sua parziale protezione dal dolore che si può provare e causare nella lontananza fisica, nella virtualità di una relazione e se guardiamo oltre anche nel non volersi impegnare con qualcuno, perché fin troppe volte il contatto fisico diventa la richiesta di qualcosa che vada al di là del momento in cui avviene, come la promessa di una vita insieme o di un interesse futuro (come chiede una ragazza a Theodore mentre si stanno baciando dopo una bella serata passata insieme). Il mondo descritto da Spike Jonze, magnifico nei suoi colori, nelle architetture, nel design degli interni, è popolato da esseri ormai incapaci di entrare in relazione fra loro, un mondo così vicino al nostro, così riconoscibile, da lasciarci stupiti, perché questo processo di disumanizzazione o di evoluzione, che è già stato messo in atto, è intorno noi, dentro di noi, nel modo di percepire e quindi, alla fine, anche di amare. Attraversata da momenti esilaranti (i videogame, il sesso al telefono) Her è una pellicola che, in profondità, è piena di una grande malinconia, dove la solitudine umana pervade le immagini e ne costituisce l’essenza, attraverso un montaggio discontinuo che segue il fluire delle emozioni, dei ricordi, Spike Jonze ci proietta in una dimensione sospesa, qualcosa è andato perso e nello spazio bianco tra le parole, sempre più vasto, che non riusciamo più a dirci, anche noi, lentamente, stiamo incominciando a svanire.

 

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