Regia di Spike Jonze vedi scheda film
Quando aspettiamo il momento che ci importi più nulla di lei/lui. Ma anche quando il passato diventa la storia che ci raccontiamo. E’ dolorosissimo. Bellissimo, assolutamente reale, quello che il film di Spike Jonze racconta.
Nella Los Angeles situata in un futuro vicino, forse già presente, in cui tutto è avveniristico e iper-tecno-computerizzato, Theodore, si guadagna da vivere scrivendo lettere personali per altre persone. Distrutto dalla fine di una lunga relazione, lui resta affascinato da un nuovo e sofisticato sistema operativo, l’OS1, che promette di essere uno strumento unico, intuitivo e ad altissime prestazioni. Le stesse che gli assicurerà Samantha, una voce femminile sintetica, ma capace di provare empatia, sensibilità, finanche amore nei confronti di un uomo e i suoi bisogni e desideri, che crescono insieme a quelli di lei. La loro amicizia diventerà un legame sempre più profondo. A crederci non ci saranno solo loro due.
Spike Jonze, premio Oscar per la Migliore Sceneggiatura, indaga la natura dell’amore, da una prospettiva assolutamente nuova. Reale. Che c’entra, ormai, con le vite degli adolescenti, degli uomini, donne, adulti e non. E’ un’umanità che vive, come Theodore le diverse dinamiche dell’amore: dinanzi ad uno schermo, quando si è soli in macchina, nel gran chiasso di una discoteca. Distanti un mondo da tutta quella folla. E soli con se stessi. Difficile ammetterlo, ma in tutti i casi, si tratta di essere onesti con sé e con la vita, i sentimenti e le scelte dell’altro/a. Vivere gli ‘slegami’, che rendono gli uomini liberi di amare, nella possibilità naturale che la scelta dell’altro/a corrisponda alla mia stessa gioia, al il mio e il suo bene. La vera libertà. Quella che manca. Che ci pone con le spalle al muro, in compagnia delle nostre responsabilità, quelle per le quali, spesso, è dura la scelta di dover apporre una firma che segni la fine, ma anche quell’altro del coraggio e il rischio di cominciare una nuova via, fosse pure un tentativo.
Il Premio Oscar, già con Nel paese delle creature selvagge (2009) aveva utilizzato il linguaggio anticonvenzionale, per raccontare, tutto sommato, una favola classica. Ora fa della poesia il suo stile, dell’eleganza il sistema per misurarsi con i suoi personaggi, abbandonandosi al sentimento puro. Per l’uomo, la sua natura, l’amore, la vita e il suo desiderio di essere felice. Grandiosamente, il regista riesce a creare quel senso di vuoto e di inutilità che, in sala, si ha la sensazione di essere soli, isolati da tutto e da tutti. Ma, disperati, in compagnia, ognuno, della propria storia d’amore e/o solitudine.
Interpretato da un eccellente Joaquin Phoenix e affidata la voce di “lei” a Scarlett Johansson, nella versione originale (questa assolutamente raccomandata), sebbene Micaela Ramazzotti nella versione italiana non dispiace, con i due si vive l’amore impossibile e illogico. Ammesso che in amore ci fosse una logica. Questa, nel film, personificata dalla bravissima Rooney Mara, nel ruolo dell’ex moglie di Theodore: é lei la voce del raziocinio, quella misurata e che si scontra con quella sentimentale della migliore amica di lui, interpretata da Amy Adams.
Il film di Jonze, pur nei suoi 126 minuti, è un’opera importante, geniale. E’ essenziale per le nostre sterili vite, rese sempre più tali dalla falsità dei rapporti umani. Sulla stesso percorso tracciato già dal cinema di Norman Jewison, Andrew Niccol, ma più vicino all’estro di Michel Gondry e al suo racconto estemporaneo dell’amore, Jonze ne potenzia i vuoti, le parole sottaciute e tutto ciò che resta inciso.
Si tratta di un carico di sentimenti capaci di struggere, con delicatezza e commozione, scatenare, con impeto e la forza del pianto, quella naturale esigenza che tutti abbiamo di commuoverci, fino alle lacrime. Per riconoscerci, alla deriva, come l’aereo issato a testa in giù. Alla ricerca sempre di nuovi e probabili percorsi da seguire.
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