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The Grand Seduction

Regia di Don McKellar vedi scheda film

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La recensione su The Grand Seduction

di supadany
6 stelle

Don McKellar aveva esordito alla regia nel 1999 con il fantascientifico Last night - avvalendosi in scena anche di un certo David Cronenberg - lasciando il segno. Anche per questo motivo, ritrovarlo dopo tanto tempo impegnato con un oggetto non originale che, per giunta, non aggiunge niente (semmai toglie), può indurre al malcontento.

Detto questo, The grand seduction è comunque una commedia a sfondo sociale assolutamente godibile, nella quale risalta del buon materiale umano.

Tickle Cove è una piccola comunità marittima situata fuori dal mondo che per sopravvivere ha bisogno di trovare un medico che accetti di operare in loco. Questa è infatti la condizione imposta da una multinazionale per aprire sul posto una fabbrica, l’unica possibilità per tenere in vita il centro, in costante deflazione anagrafica.

Così, Murray (Brendan Gleeson) sceglie il giovane Lewis (Taylor Kitsch), la persona giusta da raggirare, ma per convincerlo a rimanere sull’isola, ognuno dovrà dare il suo contributo attivo in prima persona.

 

scena

The Grand Seduction (2013): scena

 

Remake di un film franco canadese, La grande seduzione, scritto da Ken Scott (già autore anche dell’originale) e Michael Dowse (What if), The grand seduction o, come recita il sottotitolo impresso sul dvd italiano, una città con 120 terribili bugiardi, non presenta risultati troppo dissimili dall’originale.

Difficile, se non impossibile, comprenderne la necessità, certo che Brendan Gleeson non passa inosservato e in fondo dimensiona con abilità il suo personaggio (chiave).

Comunque sia, il rebus è presto risolto: si tratta di una favola prevedibile, ma anche abbastanza gradevole, che nelle sue vene trasporta un tema caro a molte comunità, laboriose, costrette a sottostare al ricatto della produttività globale. Già, ormai più nessuno è al sicuro, ciò che funziona oggi non è detto che vada altrettanto bene domani, anche un luogo fuori dal mondo deve comunque sottostare alle regole internazionali per assicurarsi la sopravvivenza.

Una triste realtà, ma raccontata in chiave da commedia con uno sviluppo sostanzialmente piacevole, per quanto la messa in scena e le singole invenzioni comiche tendano in buona parte alla ripetitività, portando rapidamente il trucco caratterizzante a perdere vitalità.

La baracca è comunque sorretta dall’impegno profuso con solerte costanza dalla classe innata di Brendan Gleeson, ma anche l’altrove negativo Taylor Kitsch finisce per trovarsi nel luogo giusto risultando indicato, mentre Liane Balaban sembra proprio una donna ancorata fuori dagli usuali porti, in ogni caso anche invitante.

Alla fine, il gioco palesa il fiato corto, l’inganno - così come le tante gentilezze profuse - ruota su se stesso senza variazioni orbitali, ma il contesto ha la sua umanità e il suo sfondo (socialmente universale), mentre l’intrattenimento, per quanto semplice e di facciata, espleta il compito di emanare condivisione.

Fin troppo racchiuso (su se stesso), ma in fondo anche funzionale. 

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