Regia di Logan Miller (II), Noah Miller vedi scheda film
Uno sceriffo tanto folle quanto spietato nell'eseguire il suo compito di tutore della legge che danza al tramonto dando libero sfogo alla sua vena di bizzarria ("preferisco essere definito originale") è l'immagine simbolo di questo geniale film western, firmato da Noah e Logan Miller, che riesce a rinverdire i fasti del genere.
A fare da corollario a questo tutore della legge davvero fuori dall'ordinario troviamo da una parte un viscido reverendo che predica (ma non pratica) la purezza e l'amore verso il prossimo, falso come quel bianco accecante che tanto ama e con cui dipinge la "sua" chiesa e l'inquietante schiera di crocefissi che la circondano, e dall'altra un'avvenente ex prostituta ora moglie innamorata e fedele di un contadino messicano in lotta perenne nel quotidiano nella speranza di garantire serenità alla sua famiglia.
Ma quando Miguel, il messicano, incrocia sulla sua strada il reverendo Josiah, il destino gli riserva una amara sorpresa.
Peccato (per l'ipocrita predicatore) che la tenera mogliettina riveli la tempra di una amazzone e che lo sceriffo Cornelius Jackson dietro sua follia nasconda metodo investigativo e ostinata ricerca della verità.
Siamo dalle parti del revenge movie, ma questa volta l'angelo della vendetta ha le fattezze, davvero angeliche bisogna ammetterlo (e ci scusiamo per il gioco di parole), di una splendida fanciulla cui una vita difficile e un passato torbido non sono riusciti ad annientare una grazia innata.
Sweetwater è, diciamolo per dissipare ogni dubbio, uno splendido lavoro che riesce a dare credibilità a un genere, il western, che nonostante tutto riesce a trovare sempre attori e registi che lo reintepretano dandogli nuovo vigore. Qui il valore aggiunto è la complessità dei protagonisti, un villain odioso e spietato da far venire voglia allo spettatore di entrare nello schermo e provvedere di persona alla sua esecuzione e due anti-eroi verrebbe da dire "buoni per caso", due anime perdute che trovano nella lotta (portata avanti peraltro attraverso percorsi differenti e in gran parte anche distanti) al cattivo della situazione, il modo per riscattarsi almeno parzialmente e comunque tutt'altro volontariamente.
Cornelius Jackson non cerca di fare opere buone, esegue semplicemente il suo lavoro in rappresentanza del governatore e della legge, mentre Sarah ama teneramente il marito, un uomo buono ed onesto che la fa sentire finalmente rispettata, e quando la fonte dei suoi affetti viene brutalmente allontanata da lei non esita a scendere in partita con la stessa spietatezza del suo avversario.
Crudele e allo stesso tempo ironica, beffarda e violenta, Sweetwater si rivela una pellicola di grande fascino, grazie anche alla straordinaria bravura dei tre protagonisti: Ed Harris è un semplicemente strepitoso Cornelius Jackson, mentre Jason Isaacs dimostra tutta le sue grandi qualità attoriali nei panni dell'odioso reverendo Josiah, sempre coperto da panni immacolati a coprire la sporcizia irrimediabile della sua anima, così come il bianco con cui si ostina a dipingere i suoi crocefissi tolgono ad essi ogni valenza religiosa riducendoli a mero simulacro materiale, aridi e vuoti come la religione da lui predicata (che ben poco, diciamolo per evitare ogni equivoco, ha a che fare col cristianesimo, essendone piuttosto una squallida parodia).
Per finire con la splendida January Jones nel ruolo di Sarah, autentica dea della vendetta, sotto il cui aspetto fragile e delicato lo spettatore intuisce rapidamente doti di risolutezza e implacabilità.
E sullo sfondo il duro scenario del New Mexico, terra arida come le persone che la calpestano sovrastata da cieli meravigliosi e indifferenti alle miserie umane.
Da vedere, anche se il western non è nelle vostre corde.
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