Regia di Zal Batmanglij vedi scheda film
Ex agente federale, arruolata in una compagnia privata che si occupa di combattere lo spionaggio industriale per conto di potenti corporation, si infliltra in un gruppo di eco-terroristi responsabili di pericolose azioni dimostrative. Dapprima sicura e determinata nel perseguire gli obiettivi della sua missione, viene sempre più coinvolta tanto nelle motivazioni etiche del collettivo anarchico che deve contrastare quanto nella relazione sentimentale che la lega al suo leader, in un doppio gioco pieno di insidie e pericoli per la sua stessa incolumità personale.
Se è vero che chi si documenta sul campo ne sa di più e meglio di chi si limita a leggerne da un libro o dallo schermo di un computer, è anche vero che questo non sempre si traduce nell'efficace realismo di una resa drammatica che vorrebbe squarciare il velo di omertà e di reticenze su di un fenomeno spesso stigmatizzato e sottovalutato come il terrorismo eco-solidale o il settarismo a fin di bene. E' questo il caso del film della premiata ditta Batmanglij-Marling ('Sound of my voice' - 2011) già frequentatori di gruppi 'freegani', che mettono in scena un thriller politico sul dietro le quinte di una lotta senza quartiere tra la protervia delle potenti lobbies di un capitalismo 'governativo' asservito alle logiche del profitto a tutti i costi ed il sottobosco di groppuscoli eversivi che basano il loro successo su di una rigida disciplina settaria e lo strenuo convincimento della loro infallibilità etica ('Perchè nei movimenti di resistenza sono tutti convinti della loro superiorità morale?').
Sound of my voice (2011): Una scena del film
Se l'idea di partenza è buona e magari meno velleitaria del thriller fantascientifico del loro lavoro precedente, questa viene realizzata attraverso il ricorso ad un repertorio drammaturgico che cerca di polarizzarne le divergenze ideologiche scavando nella psicologia e nella storia individuale di personaggi combattuti tra le loro ragioni familiari ed i loro convincimenti etici, secondo uno schematismo sinottico che separi distintamente le caselle dei buoni da quelle dei cattivi e sottraendo all'ambiguità delle inclinazioni umane la residua credibilità delle relazioni interpersonali. Abbiamo quindi il medico che gli effetti collaterali di un antibiotico hanno segnato nel corpo (danni neurologici) e nello spirito (la morte della sorella), il leader carismatico (belloccio e ricco di famiglia) che un moto di ribellione giovanile ha francescanamente condotto al rifiuto dei beni materiali, la figlia (unica?) di un industriale del carbone decisa a farla pagare all'insensibile genitore e così via discorrendo, secondo una galleria di tipi umani da soap opera dell'ecologismo militante da contrapporre al relativismo etico di un ambiguo contractor privato che vorrebbe dare un colpo al cerchio (gli interessi privati dei loro clienti) ed uno alla botte (gli interessi pubblici delle agenzie di controllo governativo).
The East (2013): Ellen Page e Toby Kebbell
Chiave di volta tra i due mondi è proprio il personaggio della Marling che ritaglia per il suo bel visino d'angelo lo 'scomodo'(?) ruolo di un'infiltrata sotto copertura presto convertita per amore (e per sesso) al fascino irresistibile di una buona causa per cui mollare lavoro e affetti familiari e raccattare dalla pattumiera gli scarti alimentari da cui ricavarne 'tre pasti buoni al giorno'. Dulcis in fundo un finale buonista dove si decide di aderire ad una causa rinnegando la precedente e salvando baracca (gli ex compagni di merende 'avanzate') e burattini (gli ex colleghi da avvisare prontamente); non sia mai che la coscienza dello spettatore abbia in qualche modo a risentirne. Roba da manuale delle giovani marmotte.
Presentato al Sundance Film Festival 2013.
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