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V/H/S/2

Regia di Simon Barrett, Adam Wingard, Eduardo Sánchez, Gregg Hale, Timo Tjahjanto, Gareth Huw Evans, Jason Eisener vedi scheda film

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La recensione su V/H/S/2

di EightAndHalf
6 stelle

Sperimentazioni mockumentaristiche, se V/H/S ci dà il permesso di creare questo nuovo termine. Il caos delirante del primo volume, crudele e senza cervello, seppur deludente nella maggior parte dei risultati, qui si rischiara di nuove idee ed effetti ancora più esilaranti, ma soprattutto di un ritmo scalmanato e decisamente scorretto per rimodellare la visione dell'orrore. Se dietro la trama a episodi si celano cupezze metropolitane e moderne, come, in particolar modo, l'invasività della pellicola magnetica (ben evidenziata nell'episodio cornice) e molto altro, la reazione dello spettatore che frequenta già da tempo il genere è soprattutto esilarante, ma non perché il film sia ridicolo, ma perché il ridicolo è volutamente perseguito, ostentato, e sprizza come il sangue nelle molte scene splatter. E' evidente il grande impiego di mezzi (e lo era anche in V/H/S), ma forse il primo capitolo (che spacciava per originale un'idea già elaborata nel pessimo e sadico oltre ogni limite Murder Collection v.1 di Fred Vogel) lasciava troppo freddi, non rielaborava idee appartenenti all'immaginario, semplicemente si divertiva. Qui, se da un lato il divertimento triplica, i sottotesti si fanno anche più inquietanti, masochistici e apocalittici, il carattere antologico si riduce per esplodere ancora di più in un crescendo di violenza e aberrazioni per palati però già avvezzi (è bene indicarlo). Quello di V/H/S/2 è un orrore logorroico, esaltante, insegue l'attenzione dello spettatore e la spappola letteralmente, ad una rapidità che raramente, nonostante tutto, si vede al cinema, almeno messa in questo modo. Certe volte persegue (dis)ordinatamente le unità di tempo, luogo e azione (la lenta cronaca dell'avvento degli zombi del secondo episodio), a volte si arricchisce di ellissi e di cambi di punti di vista (il terzo episodio in trasferta indonesiana), all'insegna di una libertà narrativa invidiabile. Per il progradire turbolento della pellicola verrebbe quasi da ripensare a certe commedie slapstick, per la velocità e la speditezza delle sequenze, sebbene in quel cinema la telecamera fosse sempre controllata. Invece qui, in questa bizzarra pellicola che quasi sicuramente non arriverà nelle nostre sale (spero di smentirmi), anche la mdp si disperde, non può controllare una realtà irreale che esplode in mille pezzettini, in un monumentale grottesco cosmico. Non appare esagerato riferirsi a simili espressioni, se pensiamo che in certe sequenze (l'ultimo episodio) quasi non arriviamo a distinguere i singoli volti o le singole dinamiche delle scene, e invece diventiamo puro movimento, dinamica frantumata e maltrattata. Non c'è niente di più cinematografico di un sano conturbante P.O.V. come questo, adrenalinico, spassoso e, per gli appassionati, una chicca indimenticabile; non c'è niente di più cinematografico perché il film è immagine, parla dell'immagine, e non solo, parla della nostra vista, dei punti di vista più stralunati ed eccessivi (proseguendo il primo V/H/S), di quelli che mai ci sogneremmo (la testa di un cane) o di quelli che sono utopie di certi registi iperrealisti (microtelecamere in un occhio). A dimostrazione del caos che ci circonda, l'inquietante volontà masochistica del ragazzo dell'episodio cornice, che decide di spararsi di fronte alla propria webcam, senza però riuscire a morire, continuandosi a fare del male, un po' come noi che proseguiamo nella visione (richiami di The Last Horror Movie), che ci detestiamo così tanto e ci godiamo tanto il nostro bordello nauseabondo (si scuserà la cacofonia) da sottoporci a visioni tanto forsennate e corrosive. Questo per molti poteva valere anche per V/H/S, ma in quello non erano presenti i tanti riferimenti di questo secondo capitolo, come The Eye dei Pang del primo capitolo, La notte dei morti viventi nel secondo, Rosemary's Baby con un pizzico di esotismo J-horror (quasi razzista) nel terzo, e un ibrido fra SignsSuper 8, certi fantasmi di Grave Encounters 2 e una versione cattiva di Incontri ravvicinati del terzo tipo nel quarto. In questo calderone esteticamente repellente sta il tentativo di portare il terrore agli antipodi, all'immagine, alla vista, allo schermo, nell'esplorazione (grossolana quanto si vuole) dell'inquietudine dei nostri sensi. 

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