Regia di Sean Ellis vedi scheda film
Fuggiti dalla miseria e dagli stenti delle risaie terrazzate di Bamau, Oscar e Mai si trasferiscono insieme alle due figlie ancora piccole nell'area metropolitana di Manila. La ricerca di un lavoro e di migliori condizioni di vita portano lei ad esibirsi come ballerina in un night e lui a trovare impiego come metronotte in una società di trasporti. Si renderanno ben presto conto però che la realtà urbana è molto più cinica e spietata di quella che hanno appena abbandonato.
Dopo gli interessanti esordi con la commedia grottesca di Cashback (2004) ed il thriller allucinato di Rotto (2008), il 40 enne inglese Sean Ellis prosegue con la sua vocazione per il cinema indipendente con un soggetto che vira decisamente verso il melodramma sociale da esportazione con cui il cinema occidentale sembra volersi lavare la coscienza dalle colpe di una miseria che colpisce l'estremo oriente del mondo e la globalizzazione dei disvalori legati all'egoismo ed alla cupidigia umane (Mammoth - 2009 - Lukas Moodysson). Se è vero che la componente 'neorealista' è accentuata tanto dalle accurate ricostruzioni ambientali (dai terrazzamenti di una millenaria povertà rurale dell'entroterra filippino al degrado degli slums metropolitani il passo è più che breve, quasi scontato) che dalla scelta di una camera mobilissima e di una fotografia da docu-film curata dallo stesso autore, è sul versante dell'intreccio e delle sue melodrammatiche conseguenze che Ellis manca l'appuntamento con lo spiritualismo etico alla Brillante Mendoza (Lola - 2009), prediligendo il solito voice over già visto nelle opere precedenti quale contrappunto di una narrazione che volge alla lacrima facile ed alla inevitabile morale del sacrificio individuale.
Metro Manila (2012): Una scena del film
Porre rilievo sulle contraddizioni e le sperequazioni che attraversano la cattolicissima società filippina quindi, si riduce quasi ad un esercizio di puro stile drammaturgico che più che alla denuncia vera e propria (dal debole simbolismo di antiche vestigia dei conquistadores spagnoli alla scatola di latta di una nota multinazionale in cui riporre miseri risparmi e che viene accreditata nei titoli di coda!), punta ad innescare le dinamiche del solito robbery-thriller di guardie giurate alle prese con le facili tentazioni del colpo della vita e che lo riporta alle consuetudini mainstream del cinema anglosassone; anche a dispetto delle intenzioni declamatorie che partono dall'incipit di un vecchio proverbio filippino e si concludono con la massima testamentaria di un padre amorevole che non ha mai smesso di pensare al bene della propria famiglia. Insomma un film senza necessità di bollini rossi e pieno di buoni sentimenti che si sposta furbescamente dalla pseudo denuncia sociale al mero intrattenimento per famiglie, anche e soprattutto grazie alla bella colonna sonora originale di Robin Foster (suo il 'Tema di Oscar and Mai') ed all'immancabile inserto di un'aria della Callas (qui in 'O mio babbino' da Puccini) in funzione didascalica.
Metro Manila (2012): Althea Vega
Premio del pubblico al Sundance Film Festival 2013 e candidato ai BAFTA Awards 2014 come miglior film in lingua non inglese: infatti è in Tagalog; preparate i sottotitoli!
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