Regia di Giorgio Ferroni vedi scheda film
XII secolo, Inghilterra. Riccardo cuor di Leone è partito e non se ne hanno più notizie; il suo trono viene quindi occupato dal fratello Giovanni senza terra. Purtroppo, però, quest'ultimo è un terribile tiranno; solo un uomo ha il coraggio di ribellarsi a lui, ed è Robin Hood.
Arriva decisamente fuori tempo massimo, questa ennesima riedizione delle avventure di Robin Hood adattate per il grande schermo: sia perchè l'epoca dei cappa & spada e dei film di avventura / epica era ormai terminata da oltre un lustro, sia perchè oramai al pubblico nostrano, nel 1971, non poteva più interessare un prodottino così innocente e disimpegnato, lontano anni luce dalle ondate di violenza, comicità fracassona ed erotismo contemporanee. Giorgio Ferroni, classe 1908, era d'altronde un mestierante d'altri tempi, già riciclatosi con sufficiente abilità da regista di Macario ai peplum e infine agli spaghetti western; come terzultima regia di una carriera quasi quarantennale, L'arciere di fuoco rappresenta presumibilmente il massimo che il Nostro potesse in quel momento fare. Con un soggetto di Ennio De Concini e una sceneggiatura di Giorgio Stegani Casorati (il secondo cognome è una bizzarria dei titoli di testa di questa pellicola), Andrè Tranchè e Manuel torres Larreda, nel nome di una (evidente a questo punto) co-produzione fra Italia, Francia e Spagna si realizza questa pellicola leggerina nei toni e confezionata con discrezione, senza strafare nè tirar via alcunchè. Giuliano Gemma, noto stuntman dei tempi che furono, è l'ottimo Robin Hood che poteva prevedersi; al suo fianco sul set ci sono Nello Pazzafini, Mario Adorf (doppiato da Glauco Onorato), Silvia Dionisio, Mark Damon e Daniele Dublino. Ritmo moderato, narrazione lineare, lieto fine forzoso, una colonna sonora (Gianni Ferrio) allegra con tema canticchiabile. 2,5/10.
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