Regia di Peter Howitt vedi scheda film
Pensate alla carriera di Peter Howitt. Sliding Doors. Certo. Carino. E poi? Poi un B movie cospirativo sull’impero digitale (S.Y.N.A.P.S.E. - Pericolo in rete), una parodia di 007 con Mr. Bean (Johnny English) e una fallimentare sophisticated comedy (Laws of Attraction - Matrimonio in appello). Ora figuratevi un film di Howitt che Howitt non ha nemmeno voluto firmare (anche se allo pseudonimo Alan Smithee, in calce a una moltitudine di progetti non riconosciuti, ha preferito un innocuo Peter P. Croudins). Ci siete? Bene. Adesso pensate a un genere che ha dato alla luce capolavori tra i 50 e i 60 (La parola ai giurati, Testimone d’accusa, Anatomia di un omicidio...), ma che nei 90 si è trasformato in un morbo (in nome di Grisham) e dagli zero in poi - spostando il baricentro verso il côtè action - ha prodotto solo un titolo decente (La giuria) e molto p(i)attume (il peggio: Un alibi perfetto, rifacimento eretico di un Lang). Ecco. Sarebbe stato onesto, ma lo strillo sulla locandina di Un ragionevole dubbio non è, purtroppo, «il legal thriller di cui Howitt non è affatto felice». La storia: un avvocato in carriera e in stato d’ebbrezza investe un uomo già morente, omette il soccorso e poi è incaricato dell’accusa verso un sospettissimo Samuel L. Jackson, la cui famiglia è stata massacrata. Seguono ingenuità al limite della demenza, inverosimiglianze assortite, accelerazioni assurde della trama e la tabula rasa della sorpresa in confezione tv movie. Non bevete, se dovete guidare. Non guidate, se è per andare a vedere questo film.
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