Regia di Peter Howitt vedi scheda film
Suspense ed emozione. Adrenalina e batticuore. Ispettori ed avvocati, ma anche padri di famiglia e fratelli dispersi. Questo è un giallo convenzionalmente abile nel parlare a tutti, attraverso un senso della giustizia messo a dura prova da sentimento e dal dilemma morale. Ci sono valori che la civiltà americana considera all’origine di tutte le storie importanti, dal racconto della nascita di una nazione alle vicende quotidiane che ruotano intorno al focolare domestico. Questo film – ambientato a Chicago, e di stampo made in USA - inizia nell’aula di un tribunale, ma finisce nel portico di una villetta borghese circondata dalla neve. Mitch, il procuratore trentenne che si vanta di non perdere mai, difende i delinquenti e le vittime dei crimini, ma è anche e soprattutto l’uomo che pensa a proteggere la moglie e la figlioletta appena nata. Questo dovere, che è fonte di vigliaccheria ed ardimento, è l’origine del guaio in cui il protagonista si trova improvvisamente coinvolto, una notte d’inverno, mentre rientra da una serata con gli amici. Il ragazzaccio ha preso una sbornia e la combina grossa. La paura che la sua colpa possa ricadere sull’amata Rachel e sulla piccola Ella fa il resto. Il successivo intreccio investigativo gli darà modo di riscattarsi ampiamente da quella fatale debolezza. Dalla faccenda uscirà con la coscienza a posto e le mani pulite, nelle vesti di un eroe dall’anima non perfettamente candida, ma al quale tutto può essere perdonato. Mitch ha sbagliato, ha dato il cattivo esempio, e a causa sua c’è pure scappato il morto, però quel giovane e brillante uomo di legge ci deve risultare simpatico, nella determinazione con cui dimostra di voler arrivare alla verità: quella che, in questo caso, non è semplicemente un valore a sé, ma serve anzitutto a salvare la sua integrità morale, e a sollevarlo da un insopportabile senso di colpa. Il percorso verso un happy ending televisivo, risolutore ed assolutorio, è studiatamente travagliato ed articolato, dal punto di vista dell’azione, lungo una tempistica perfetta, costruita, nella solita prevedibile maniera, sul filo delle frazioni di secondo. Le sequenze terminali sono scandite dai collaudati stereotipi della lotta finale, in cui la vittoria arriva, inaspettata, grazie ad un intervento esterno, proprio nel momento in cui tutto sembrava perduto. Un colpo di spugna cancella il ricordo del male, ed il problema di fondo sparisce, come per magia, lasciando trionfare l’idea che la violenza è sempre condannabile, e chi la pratica è sempre e comunque un cattivo che occorre sconfiggere. Tuttavia, dietro l’uccisione dei mostri continua ad aleggiare lo spettro della giusta vendetta e dell’eliminazione preventiva del potenziale assassino. La morte per mano dello stato liquida le più nere ossessioni dei cittadini d’oltreoceano: trovarsi il nemico in casa è l’incubo che scatena le reazioni peggiori, alcune delle quali possono forse essere giustificate dalla forza maggiore. Il Far West non è mai tramontato, anche se ora indossa i rispettabili panni dei pubblici funzionari. E Reasonable Doubt non riesce a svincolarsi da questo pensiero profondamente radicato nella Storia, e ostinatamente refrattario ai principi dell’Illuminismo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta