Regia di Roberto Andò vedi scheda film
Un Servillo veltronizzato riporta la sinistra italiana al consenso popolare con un mix di filosofia 'alta', di charme folle e di incoscienza totale; d'accordo forse sull'ultima caratteristica, un'imprevedibilità oggi necessaria a svecchiare i meccanismi di palazzo (anche se sono tristemente famigerati a livello planetario gli exploit 'fuori protocollo' del Berlusconi barzellettiere pornografico che snobba i Capi di Stato mondiali o li saluta come vecchi amici, etc.), ma rimane tutta da valutare la questione retorica, che nel film di Andò tocca vette liriche ragguardevoli, ma nel contesto di una filosofia per nulla spicciola, non spendibile concretamente. Dov'è il Paese allo sfascio, dove sono gli italiani disoccupati costretti al suicidio, dove sono i giovani senza futuro, gli anziani senza pensione, gli imprenditori falliti, lo strozzinaggio fiscale e tutto quanto compare sui quotidiani ormai da così tanti anni? Sembra che la pellicola del pur bravo regista siciliano, anche autore della sceneggiatura insieme ad Angelo Pasquini (da un romanzo dello stesso Andò), ignori completamente la questione sociale, per scavare in quella politica, certo importantissima ma non risolvibile (e neppure soltanto inquadrabile) a prescindere dall'Italia che nel frattempo, attorno ai politici inetti e delinquenti, muore. "La gente ama la merda, ma non per questo dobbiamo dargliela", dice a un certo punto l'illuminato Veltroni del caso; vero, e questa è una delle numerose frecciatine al 'mafioso di Arcore' (come modestamente definito dal suo principale alleato), ma al di là dell'espediente estetico-retorico ben poco rimane di questo (bel) film. Il che ci ricorda i limiti del bravo e inefficace regista, capace di ottime messinscena e di lampi di grande Cinema (la scena delle memorie subacquee), ma spesso e volentieri troppo legato alla forma e molto meno alla sostanza. Dire che Servillo è magistrale non aggiunge nulla di nuovo a ciò che su di lui già si sa; Mastandrea è il suo degno partner sullo schermo e nel resto del cast compaiono - altra apprezzabilissima costante dei film di Andò - numerosi nomi degni di nota, in parti più o meno fondamentali: da Renato Scarpa ad Anna Bonaiuto, da Valeria Bruni Tedeschi a Gianrico Tedeschi (92 anni!), da Michela Cescon a Massimo De Francovich. 6,5/10.
Il leader della sinistra italiana, in evidente crisi, fugge senza preavviso all'estero. Il suo assistente privato non trova di meglio che rimpiazzarlo momentaneamente con il gemello filosofo malato di mente, appena uscito dal manicomio.
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