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Viva la libertà

Regia di Roberto Andò vedi scheda film

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M Valdemar

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La recensione su Viva la libertà

di M Valdemar
4 stelle

Oh, ragazzi, siam mica qui a recensire Il Divo ...

Infatti si tratta di Viva la libertà (anche di scegliere titoli così. Evviva.). Film astruso, fieramente intriso di quella verbosità che permette di darsi arie autoriali e infil(tr)are citazioni letterarie e cinematografiche un po’ così, a caso, per (im)puro caso, confidando nel caos imperante.
Adottando uno stile (inutilmente) elegante, ricercato, sofisticato, ma che è invece solo ridondante e stridente, fasullo, vacuo, Roberto Andò si sporca con la politica e mette in scena una storia (tratta dal suo romanzo Il Trono vuoto, edito da Bompiani) sbagliata e del tutto scollegata con la tristissima, catastrofica realtà.
Pensare che bastino frasi ad effetto, espressioni beffarde, versi di Bertold Brecht declamati durante i comizi, a incitare le folle, a ottenere un consenso plebiscitario (si suppone/spera che quel 66% sparato lì sia un refuso, dai …), a ridare speranza e fiducia - suvvia! -, è di una puerilità e di una banalità che desta sconcerto e sollecita prepotentemente un interrogativo: ma da che pianeta viene Andò?
La sua è un’operazione intellettuale (ovverosia snob) colma di vuoti, che non si possono riempire con raffinati e potenti contrappunti musicali insensati (perché paiono rivenienti da - e destinati a - altri lavori più consoni), con siparietti tutt’al più ingenui (il valzer con la cancelliera tedesca; le manie da rain man del Servillo versione gemello fuori di testa; Andrea Renzi che imita D’Alema), con elogi di follie, concetti "rivoluzionari" come la passione, ed elargizioni una tantum di simboliche figure storiche “giuste” (Fellini, Berlinguer).
La pretenziosità dilaga e obnubila; qualsiasi riflessione il film spera di suscitare (compreso il finale "enigmatico") viene affossata dall’evidente autocompiacimento e distacco. A guardare le cose dall’alto e da dietro i paraventi dell’autoreferenzialità e dell’intellettualismo chic non se ne percepisce la consistenza, la grandezza, la precarietà.
E gli attori non salvano la baracca, anzi: un Toni Servillo poco convinto (ed ancor meno convincente) anima due gemelli distinguibili solo dal cambio di ambientazione e partner; Valeria Bruni Tedeschi risulta oltremodo irritante e falsa; Anna Bonaiuto pare capitata sul set per sbaglio e comunque le viene dato un peso irrilevante; Mastandrea ha la solita espressione minimal-frustrata buona per ogni esigenza.
Quella dello spettatore, a seguito della visione di Viva la libertà, è di dimenticarsene quanto prima.

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