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Viva la libertà

Regia di Roberto Andò vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Viva la libertà

di axe
7 stelle

Enrico Oliveri è il leader di un partito di centrosinistra in piena crisi di consenso ed esistenziale; non potendone più, abbandona moglie e partito e si reca in Francia, a Parigi, presso una sua vecchia fiamma, ormai sposata con un altro uomo. I membri del suo entourage, non sapendo ove sia il segretario del partito, chiedono informazioni al gemello, Giovanni, eclettico pensatore, con il quale, tuttavia, Enrico non aveva rapporti. Da cosa nasce cosa. I due fratelli sono tanto somiglianti, da poter essere scambiati l'uno per l'altro senza tema che il sotterfugio sia scoperto; i collaboratori del politico sostituiscono a quest'ultimo il fratello. Le elezioni si avvicinano, la campagna elettorale è impegnativa; a cosa condurrà questo azzardo ? Il regista siciliano Roberto Andò dirige un film a cavallo tra dramma e commedia. Il titolo "Viva La Libertà" ci pone di fronte ad una domanda. Quale libertà ? Probabilmente, quella di vivere la vita che si preferisce. La propria personalità si può comprimere, annichilire, ma non soppprimere. Giunge il momento in cui la misura è colma; per salvaguardare il nostro benessere mentale, diventa necessario fare a meno della maschera con la quale abbiamo celato i nostri volti, occultandone i lineamenti. Enrico Oliveri è di certo un uomo di successo, dalle indubbie capacità. La politica non è un ambiente amichevole; nemici, interni ed esterni al partito, il continuo giudizio degli elettori, una vita privata che reclama il suo tempo. Enrico ha controllato il "gioco", finchè i ruoli si sono invertiti. L'incipit ci mostra un uomo stanco, avviato lungo un percorso di fallimento, non più in grado di condurre battaglie, privo della fiducia degli altri e ... di sè stesso. Sceglie di "staccare la spina". Senza dir nulla, neppure alle persone più vicine, cerca riparo in quanto di più genuino ha avuto nella vita, il rapporto con Danielle, con la quale non c'è più passione, bensì affetto. Raggiunge la donna a Parigi, ottiene ospitalità dalla famiglia di lei, un marito regista, figli. Prende parte ad attività di cinematografia; una vita semplice, anonima. Il suo ruolo pubblico, del resto, è occupato da Giovanni. Egli è ben felice di interpretare un politico di primo piano; ciò gli consente di esprimere liberamente il suo pensiero, cosa impossibile nel recente passato a causa di un lungo ricovero in clinica psichiatrica. I concetti che esprime sono piuttosto generici e proprio per questo motivo, largamente condivisibili. Ma il suo modo di rivolgersi ai colleghi ed alle folle durante i comizi, la sua retorica, la sua espressività, lasciano il segno. Il partito guidato da Giovanni / Enrico recupera posizioni, i sondaggi lo danno vincente. Anche nella vita privata, Giovanni si rivela un buon sostituito del fratello. Dunque, ognuno può continuare a vivere felicemente nei panni dell'altro ? Certamente no, il gioco finisce. Ancora una volta. Perchè, apprendiamo avvicinandoci all'epilogo, da sempre i due gemelli amano sostituirsi. Hanno condiviso donne, situazioni, eventi; due personalità, due vite per ciascuna. Molto bravi gli interpreti; Toni Servillo è, contemporaneamente, l'estroverso Giovanni ed il dimesso Enrico. Valerio Mastandrea interpreta il nervoso Andrea Bottini, lo stretto collaboratore di Enrico, il quale architetta la sostituizione, pur consapevole dei rischi e della difficoltà di tenere sotto controllo la debordante personalità del gemello "alla ribalta". Valeria Bruni Tedeschi interpreta Danielle, l'amica di Enrico; Michela Cescon è Anna, attuale moglie. Le due donne sono ben consapevoli delle abitudini dei gemelli; esse sanno, e sembrano non rimanerne turbate. Il film ha un discreto ritmo. I minuti corrono veloci poichè la tensione è costante; come si concluderà l'avventura dei due fratelli ? L'epilogo li mostra scambiarsi nuovamente le vite. Una libertà, quella di essere un altro, che non tutti possono permettersi. Il film tratta anche di temi politici; s'intravede una similitudine - e, pertanto, una critica - tra la compagine di centrosinistra cui è a capo Enrico Oliveri ed il corrispondente partito nella realtà del 2013, anno di realizzazione del film. Il regista ne stigmatizza l'immobilismo, la mancanta capacità di dare risposte ai cittadini, la conseguente perdita di consenso. Ne trova causa anche nelle lacerazioni interne, amplificate dalla competizione, quasi personale, tra esponenti della varie correnti e raccontate mostrando un "direttivo" litigioso, non rispettoso, sterile. Un qualunque Giovanni, pur senza dire alcunchè di originale, è in grado di coinvolgere più di un Enrico ed altri suoi colleghi o predecessori. Roberto Andò è in grado di trattare tematiche diverse tra loro, intrecciando il pubblico con il privato, in un racconto avvincente poichè dall'esito incerto fino ai titoli di coda.

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