Regia di Francesca Gregorini vedi scheda film
Quintessenza del film indipendente, del film "Sundance" (dal quale infatti proviene), del film-ossessione: diario morboso improbabile, assurdo quanto affascinante, frutto acerbo ma interessante di una regista italo-americana che racchiude già in sé, nella sua vita, una storia affascinante molto cinematografica. Francesca Gregorini infatti è la figlia della splendida ex Bond girl Barbara Bach (nonché moglie..o ex, ma non ci importa, di Ringo Star) e di un conte romano che le ha appunto conferito il cognome tutto italiano. Il suo secondo, curioso ed almeno in parte riuscito film è in fondo la storia drammatica e segnata dall'ossessione della follia da parte di tre donne (interpretate da tre splendide e brave attrici, la giovanissima Scodelario, la statuaria Biel, emblema di perfezione fisica quasi inarrivabile, e la minuta ma determinata Frances O'Connor). Una figlia diciottenne senza madre, immolatasi al sacrificio per farla nascere; una madre senza figlia, scomparsa per quegli eventi assurdi del destino; ed infine una quarantacinquenne matrigna che non potrà mai concepire un figlio e che vive con rassegnata castrazione questa sua incapacità che le ha compromesso il primo matrimonio. Il film si concentra in particolar modo sul rapporto morboso e simbiotico che si instaura tra le prime donne, la figlia senza madre e la madre senza figlia, dando vita ad una esistenza parallela fatta e costruita su illusioni che le due complici portano avanti, la prima con cosciente e lucida determinazione, la seconda come risultato folle e riparatore di una perdita impossibile da accettare e sopportare. Senza voler rivelare altro per non rovinare il fulcro della sorpresa, e dunque necessariamente restando sul generico, il film, scritto, diretto e prodotto dalla Gregorini, è un thriller della mente dove le sopravvissute si costruiscono un mondo avvolto da acque turchesi e branchi di pesci che vi nuotano dentro come in un liquido amniotico che rassicura, protegge, e nasconde quella cruda inaccettabile realtà di tutti i giorni che ti costringe a vivere col senso di colpa ("Mi chiamo Emanuel e sono l'assassina di mia madre"), e in un mondo di cartapesta fatto di bambole inquietantemente umanizzate ma dallo sguardo inevitabilmemte vitreo e perso nel nulla.
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