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Gigolò per caso

Regia di John Turturro vedi scheda film

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La recensione su Gigolò per caso

di EightAndHalf
4 stelle

Frammenti di originalità, come quelle digressioni poco coerenti e assolutamente fuorvianti che John Turturro infila quando gli va fra una sequenza e l'altra forse per dare un'immagine un po' più concreta di un quartiere (la lunga litigata dell'incidente), forse per presentare un po' meglio i personaggi (tutto il giro sulla famiglia di Woody Allen sembra buono solo a mettere al centro un po' di più il grande regista attore americano), forse per vezzi personali (balli, sequenze musicate), forse per allungare un po' il brodo (la mitica maniera di fare un frappé al cioccolato). Sono giusto piccole perline di un collana un po' scomposta che non si capisce mai se sta veramente elegante intorno al collo o invece appare sgraziata, insulsa. Che ci sia qualcosa di poco afferrabile dietro il ritmo scipito e scostante di Fading Gigolò? Il titolo italiano getta effettivamente fuori strada, se poi gli viene associata, con un grande appeal pubblicitario oltretutto, la figura confortevole e rassicurante di Woody Allen, che nel trailer promette grandi nevrosi e piccole battutine per aromatizzare e rimescolare per benino una storiella adatta a una piccola e innocua commedia. Ma quantomeno Romance & Cigarettes aveva una sua coerenza, una sua compattezza meno sbrodolante. Era sicuramente più divertente e coinvolgente di una pellicola riavvitata su se stessa come questa ultima fatica di John Turturro, che non può rinunciare a un po' di musica (il ballo con l'esilarante Sofìa Vergara, anche un pizzico di musica napoletana) e che mette un Woody Allen un po' spaesato e sicuramente invecchiato per attirare le persone a vedere un suo film personalissimo, poco alleniano, molto insignificante. Woody Allen effettivamente c'entra poco o nulla, a meno che non vogliamo dilungarci sull'invadente religione ebraica che nella storia poco lineare del film interviene come motore alla fine fondamentale per capire i sentimenti di alcuni personaggi. Il grande regista americano sta un po' lì a gigioneggiare e a rubare la scena a un Turturro imbolsito e mummificato forse volutamente per fare una data parte, forse involontariamente e dunque incapace di far provare vere emozioni e ispirare, come un essere umano, veri sentimenti. Tutti i personaggi sembrano un po' fattori collaterali di una storiella che probabilmente si prende sul serio fin troppo, e cerca l'originalità nelle piccole digressioni e negli scarti di tono più imprevedibili ma anche più sottotono. Da lunghissimi ed estenuanti dialoghi fra Turturro e Vanessa Paradis per capire come pulire un pesce e come lei sia limitata nella sua volontà dalla legge ebraica ai semi-piagnistei di una Sharon Stone un bel po' triste che frustrata cerca consolazione in un rapporto a tre che possa forse ancora di più ringiovanirla, Fading Gigolò non si capisce mai se voglia far ridere o piangere, intrattenere o far riflettere, ché entrambe le cose insieme non sembra saperle fare. C'è tempo per ridere e tempo per essere seri, questa è una sacrosanta regola di ogni giorno; ma in una commedia, per di più di un regista relativamente promettente (si veda, appunto, il simpatico Romance & Cigarettes), ci si può aspettare un ibrido brillante di entrambe le attività, perché "far ridere è una cosa seria" ed è anche più serio che dilungarsi per far riflettere. Poi magari lo si può celebrare per la volontà di non trattare l'argomento centrale da un punto di vista morale. Anzi, proprio quel punto di vista viene ridicolizzato, dalle figure un po' ridicole di alcuni patriarchi ebraici. Però poi al contempo viene esibito, proprio nel confronto fra le scelte del protagonista, che vende il suo corpo per denaro (ma non funziona non appena si innamora) e le scelte del personaggio della Paradis, vedova con sei figli che vorrebbe consolazione carnale ma non se lo può permettere. Anche in questo caso trionfa l'ignavia, l'insipienza filmica.

Le accuse al film sono dunque quelle di chiunque va alla ricerca di una commedia divertente che possa far fare quattro risate (e che disattende al compito): ritmo latitante, regia praticamente inesistente, personaggi immobili, emozioni trattenute e stitiche, piccoli e ridicoli frammenti di esotismo, un Woody Allen che vorrebbe far ridere e cerca disperatamente spunto (e consolazione) nei pidocchi ma non ha altro materiale per far ridere o piangere o - anche lui - far riflettere. Di fronte al dubbio per cui ci si chiede se il film abbia un certo spessore oppure se non ce l'abbia e si atteggi a film originale, stavolta non viene tanta voglia di dare altre chance. Francamente evitabile: il disorientamento spiazzante, per cui non si capisce se prendere sul serio le cose o no, non è sempre salutare, perché in questo caso non è volontario. 

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